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Archivi Mensili: settembre 2013

Marco Rossi, Pagine della nostra storia

25 mercoledì Set 2013

Posted by letteremigranti in Memoria, Recensioni

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Brunella Bassetti, Marco Rossi, Pagine della nostra storia, Radio Articolo 1

Marco_Rossi_klein

Grazie a Brunella Bassetti, della quale ho la gioia di conoscere l’impegno instancabile in molti ambiti, ho assistito ieri, 24 settembre 2013, alla III edizione del premio Marco Rossi. Lì ho ricevuto una copia della raccolta, fortemente voluta da Brunella Bassetti, di recensioni, interviste e articoli di Marco Rossi, legati da un denominatore comune di grande valore: la nostra storia. (amc)

Da questa preziosa pubblicazione riporto l’introduzione di Brunella Bassetti:

Il titolo scelto per questa raccolta di interviste, articoli e recensioni di Marco racchiude molto più di quello che le sole parole rappresentano. “Pagine della nostra storia”: nel senso di storia italiana ed europea ma, anche, nostra storia personale.
I suoi interessi intellettuali e professionali sono stati sempre numerosi e vari. A cominciare dalla passione e militanza politica, per passare attraverso l’arte moderna e contemporanea o la letteratura mitteleuropea, per approdare – negli anni – ad interessarsi sempre di più all’economia ed alla finanza, al mondo cattolico ed al dialogo interreligioso.
Negli ultimi anni, inoltre, il sindacato e il mondo del lavoro erano diventati i suoi temi “caldi” nei quali si sentiva coinvolto in prima persona credendo fermamente nel nuovo progetto che si andava realizzando: la creazione della web radio RadioArticolo1 (che avrebbe visto la luce proprio il giorno dopo la sua scomparsa).
Non c’era divisione tra l’uomo ed il giornalista ma le due anime convivevano nella sua innata curiosità, nel suo sguardo arguto ed indagatore, nella sua voglia di raccontare e di far capire. E gli anni trascorsi insieme a lui inevitabilmente mi hanno contagiata in tal senso. Anche il più piccolo ed insignificante “fatto quotidiano” diventava notizia o poteva diventarlo, sempre nell’ottica di servizio per il lettore, per l’ascoltatore, per il pubblico, senza pregiudizi o preconcetti. Ho un ricordo vivido di tutte le testimonianze raccolte in questo piccolo volume. Potrei raccontare aneddoti, genesi e storia o discussioni tra l’addetto ai lavori e la profana.
Infine, ma non ultima per importanza, la sua passione nel raccontare la “Storia” non tanto come narrazione e/o comprensione di fatti accaduti quanto piuttosto come ricerca della “verità” e tentativo di costruzione di una “memoria storica e condivisa” per avvenimenti del nostro passato, talvolta sottaciuti o celati; e della storia europea con uno sguardo particolare verso tutte quelle generazioni di uomini che hanno sofferto.
Dedico, quindi, questo libro alle generazioni future, agli adolescenti, ai giovani affinché siano sollecitati ad amare la “storia” e ad avere una amorosa cura della “memoria”.

Brunella Bassetti

a Marco
gli amici e i colleghi
di RadioArticolo1, LiberEtà, Rassegna sindacale

Con il patrocinio dell’Associazione per la cultura istriana fiumana dalmata nel Lazio

Immagine

Poesie per la pace, II edizione

20 venerdì Set 2013

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Anna Maria Curci, Antonio Veneziani, Associazione SICA Italy, Collettivo Poetry Experience, Enrico PIetrangeli, Giornata mondiale della pace, Isabella Borghese, Ivan Cozzi, Maria Borgese, Maria Grazia Calandrone, Maria Grazia Trebbi, Poesie per la pace

Pace_21sett2013

Pubblicato da letteremigranti | Filed under Poesia

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da: Sibylle Lewitscharoff, Blumenberg

14 sabato Set 2013

Posted by letteremigranti in Arte, Narrativa, Pittura, Romanzi

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Antonello da Messina, Blumenberg, Paola Del Zoppo, San Girolamo, Sibylle Lewitscharoff

Antonello da Messina, San Girolamo nello studio, da qui

Antonello da Messina, San Girolamo nello studio, da qui

Anche se non c’era nulla che si potesse criticare nel suo studio, Blumenberg si rammaricò di non avere a disposizione una stanza magnifica come quella dipinta da Antonello da Messina. Il quadro, eseguito dal maestro italiano in forti chiaroscuri alla maniera fiamminga, sbloccò la memoria di Blumenberg, adesso di nuovo perfettamente funzionante: lo sguardo penetra da una finestra, sul parapetto un pavone, una ciotola di rame, una quaglia. Nel sontuoso interno una piccola scala: uno, due, tre, per tre scalini si sale su un palco. Il santo sapiente nel suo fluente manto di velluto rosso e con il copricapo di velluto rosso, con le braccia distese, sfoglia un libro posato obliquamente su una sorta di leggio con poltrona. A sinistra una meravigliosa vista si apre attraverso una finestra. Un paesaggio collinare con isolati cipressi. E a destra, dietro il palco del sapiente, si affaccia dall’oscurità un misero leone. No, niente proporzioni leonine ed enormi zampe, ma provvisto di sottili arti scattanti, come un levriero. Probabilmente Antonello da Messina non aveva mai visto un leone di persona.

da: Silylle Lewitscharoff, Blumenberg. Traduzione di Paola del Zoppo, Del Vecchio editore 2013, pp. 18-19

Christa Reinig, Dio creò il sole

10 martedì Set 2013

Posted by letteremigranti in Poesia

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Anna Maria Curci, Christa Reinig, Poesia, traduzioni

Sonne_Gedichte

Dio creò il sole

chiamo il vento
vento rispondimi
io sono dice il vento
sono con te

chiamo il sole
sole rispondimi
io sono dice il sole
sono con te

chiamo le stelle
rispondetemi
noi siamo dicono le stelle
tutte con te

chiamo l’essere umano
rispondimi
chiamo – è silenzio
niente mi risponde

Gott schuf die sonne

ich rufe den wind
wind antworte mir
ich bin sagt der wind
bin bei dir

ich rufe die sonne
sonne antworte mir
ich bin sagt die sonne
bin bei dir

ich rufe die sterne
antwortet mir
wir sind sagen die sterne
alle bei dir

ich rufe den Menschen
antworte mir
ich rufe – es schweigt
nichts antwortet mir.

 Christa Reinig

(traduzione di Anna Maria Curci)

Una vita. Selma Meerbaum-Eisinger

05 giovedì Set 2013

Posted by letteremigranti in Anna Maria Curci, Memoria, Poesia

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Anna Maria Curci, Francesca Paolino, Paul Celan, Selma Meerbaum-Eisinger, Una vita

selmacop

 

Francesca Paolino, Una vita.  Selma Meerbaum-Eisinger (1924-1942)

Nota di lettura di Anna Maria Curci*

Una ricerca appassionata, alimentata negli anni dal desiderio di ricostruire, quasi passo dopo passo, una vita, quella di Selma Meerbaum-Eisinger, per sottrarla a chi facilmente dimentica e restituirla a chi ama la poesia: il risultato, convincente, è la biografia che Francesca Paolino ha scritto: Una vita. Selma Meerbaum-Eisinger(1924-1942). La prima biografia in assoluto dedicata a Selma Meerbaum-Eisinger è una biografia ben costruita, dotta e coinvolgente allo stesso tempo, che testimonia pienezza del sentire e passione di ricerca. Attorno alla storia di una vita, a quella di Selma, al suo fianco in alcuni casi, in molti  in partenza per tragitti diversi, altre si snodano, in una dolorosa, commossa traversata nello slancio della speranza e nell’orrore schiacciante. Blütenlese, florilegio di vite, sogni, eventi che lasciano orme. “Una vita può gettare ombre sulla luna”, scriveva in una poesia la diciassettenne Selma, poco prima di essere deportata, in un treno merci, in un campo di lavoro nazista in Ucraina.

Chi è Selma Meerbaum-Eisinger? Scrive Francesca Paolino:

Quel che sappiamo di Selma Meerbaum-Eisinger è stato raccontato da chi condivise con lei gli anni spensierati di Czernowitz o gli ultimi mesi di vita nel campo di lavoro in Ucraina, pochissimi testimoni rintracciati molti anni dopo la fine dell’ultimo conflitto mondiale, quando qualcuno cominciò a interessarsi al suo caso. Quando ella si spense, dentro una gelida baracca in un luogo ai confini con il continente asiatico oggi scomparso dalle carte geografiche, non lasciò nulla di autobiografico, se non una lettera scritta proprio dall’Arbeitslager di Michajlovka – l’ultima – e poche poesie, miracolosamente sottratte all’oblio. Alla fine degli anni Settanta il giornalista tedesco Jürgen Serke […] ricevette dalla poetessa Hilde Domin una copia della prima edizione assoluta delle poesie di Selma, un’edizione privata, uscita nel 1976 in Israele, che la stessa Domin aveva ricevuto in regalo da una cugina di Paul Celan residente in America.(21-22)

Selma nacque a Czernowitz il 5 febbraio 1924, figlia di una coppia di sposi felici e innamorati. Ma la felicità durò poco. Il padre, Max Meerbaum, originario di un piccolo paese della Bucovina, morì a soli ventinove anni, stroncato dalla tubercolosi. La madre, Frieda Schrager, che avrebbe poi sposato Leo Eisinger, era nata e cresciuta a Czernowitz con i numerosi cugini: tra questi, la prediletta era Friederike, “Fritzi”. Frieda rimase sempre in contatto con la cugina Fritzi, anche dopo le nozze di lei con Leo Antschel e la nascita del figlio Paul (Paul Antschel, Paul Celan).  Selma e Paul, che, secondo testimonianze,  si recavano con le famiglie dal nonno Schrager in occasione dello Shabbat,  erano dunque figli di due cugine molto legate tra loro anche se molto diverse: di “estrema semplicità” Frieda, la madre di Selma, colta e appassionata di letteratura Fritzi, la madre di Paul, che gareggiava con il figlio nel citare a memoria i poeti della tradizione tedesca.

Selma, la ragazza “affamata” di poesia, come ricorda l’amica Margit Bartfeld, si rifugiava dietro l’ultimo banco a scuola, per poter leggere i suoi autori preferiti e annotare le proprie impressioni. La poesia aveva la precedenza su tutto, anche sulla vita nel gruppo Haschomer Hatzair (“Giovane sentinella”), al quale aveva aderito con entusiasmo. «La poesia era un interesse condiviso con poche amiche», scrive Francesca Paolino. Tra queste, Else Keren, che ricorda di Selma:

Citava spesso Rilke, mentre io all’epoca avevo scoperto il poeta Paul Géraldy. Anche suo cugino Paul […] ci leggeva a volte delle poesie, ci parlava di Kafka, Rilke. Preferiva però leggerci le sue composizioni. Non gli rivelammo mai che anche noi scrivevamo.(35)

L’invasione della Polonia da parte delle truppe tedesche influì immediatamente e con effetti pesanti sulla vita della comunità ebraica nella Bucovina, regione posta nell’area di confine tra Ucraina, Moldavia e Romania e assegnata alla fine della prima guerra mondiale alla Romania. Proprio in Romania, nell’autunno del 1939, i controlli sull’attività degli ebrei si fecero sempre più serrati. Dal dicembre 1939 l’Haschomer Hatzair, per evitare incidenti, limitò le proprie attività, soprattutto quelle all”aperto. Selma festeggiò con gli amici del gruppo la festa di Chanukkah. Quella notte, durante una passeggiata all’amato Colle degli Asburgo, Selma, come ricorda Else Keren, si fece silenziosa, si staccò dal gruppo degli amici in festa e appuntò qualcosa sul suo inseparabile libricino, forse i versi della poesia Farben, Colori, qui, come tutte le poesie riportate nella biografia, nella traduzione di Francesca Paolino.

Farben

So blau liegt es über dem schneeweißen Schnee
und so schwarz sind die grünen Tannen,
daß das ganz leise hinhuschende Reh
so grau ist wie nie beendbares Weh,
das man doch so gern möchte bannen.

Schritte knirschen in Schneemusik
und Winde stäuben die Flocken zurück
auf die weiß überschleierten Bäume.
Und Bänke stehen wie Träume.

Lichter fallen und spielen mit Schatten
unendliche Ringelreihen.
Die fernen Laternen blinken mit mattem
Schein, den vom Schneelicht sie leihen.

18.12.1939

Colori

È così azzurro sulla neve candida,
gli abeti verdi sono così neri,
che il capriolo, sgusciato di soppiatto,
è grigio come la pena senza fine,
che pure scacceresti volentieri.

Scricchiano passi, musica di neve,
e i venti rimandano polvere di fiocchi
sugli alberi velati di bianco.
Panchine come sogni.

Luci calanti vanno con le ombre
in girotondi infiniti.
Remote lanterne brillano d’un chiarore
attutito, preso allo sfavillìo della neve.

18.12.1939

(traduzione di Francesca Paolino)

La vita della comunità ebraica a Czernowitz era segnata. Scrive Francesca Paolino:

 

Il cerchio cominciava a chiudersi. La generazione nata negli anni Venti era ormai cosciente della gravità della situazione; giungevano notizie dai ghetti in Polonia e si sentiva parlare di crudeltà inimmaginabili. Nel mese di marzo 1941 Selma fissò il proprio smarrimento nel suo quaderno:(65)

Du, weißt du…

Du, weißt du, wie ein Rabe schreit?
Und wie die Nacht, erschrocken bleich,
nicht weiß, wohin zu fliehn?
Wie sie verängstigt nicht mehr weiß:
Ist es ihr Reich, ist es nicht ihr Reich,
gehört sie dem Wind oder er ihr,
und sind die Wölfe mit ihrer Gier
nicht zum Zerreißen bereit?

Du, weißt du, wie der Wind schrill heult
und wie der Wald, erschrocken bleich,
nicht weiß, wohin zu fliehn?
Wie er verängstigt nicht mehr weiß:
Ist es sein Reich, ist es nicht sein Reich,
gehört er dem Regen oder der Nacht
und ist der Tod, der schauerlich lacht,
nicht sein allerhöchster Herr?

Du, weißt du, wie der Regen weint?
Und wie ich geh’, erschrocken bleich,
und nicht weiß, wohin zu fliehn?
Wie ich verängstigt nicht mehr weiß:
Ist es mein Reich, ist es nicht mein Reich,
gehört die Nacht mir, oder ich, gehör’ ich ihr,
und ist mein Mund, so blaß und wirr,
nicht der, der wirklich weint?
4.3.1941

E tu? Sai dire…

E tu? Sai dire come grida un corvo?
E come la notte, pallida e atterrita,
non sappia dove rifugiarsi ?
Come, impaurita, più non sappia dire
se abbia o non abbia ancora un regno,
né se appartenga al vento o il vento sia suo,
né se, avidi, i lupi siano pronti
a dilaniare le carni della preda?

E tu? Sai dire come fischia il vento?
E come il bosco, pallido e atterrito,
non sappia dove rifugiarsi?
Come, impaurito, più non sappia dire
se abbia o non abbia ancora un regno,
né se appartenga alla pioggia o alla notte,
o sia la morte dall’orrido ghigno
la sua suprema padrona?

E tu? Sai dire il pianto della pioggia?
E come io vada, pallida e atterrita,
e non sappia dove rifugiarmi?
Come, impaurita, più non sappia dire
se io abbia o non abbia ancora un regno,
se io appartenga al buio o il buio sia mio,
e se, livida e confusa, a piangere
sia proprio la mia bocca?

4.3.1941
(traduzione di Francesca Paolino)

 

Pochi giorni dopo che Selma ebbe terminato la decima classe della scuola secondaria, la Romania entrò in guerra a fianco delle potenze dell’Asse. Il 7 luglio 1941 venne incendiata la sinagoga di Czernowitz, il 30 luglio 1941 un’ordinanza a firma del colonnello Alexandru Riosanu confermò il divieto per gli ebrei di uscire da casa e l’obbligo di appuntare sui vestiti la stella di David. La mattina dell’11 ottobre 1941 venne decretata la costruzione del Ghetto, situato nel vecchio quartiere ebraico. Da allora le notizie sulla vita di Selma si fanno sempre più dolorose e, allo stesso tempo, di ardua ricostruzione. Francesca Paolino intitola al condizionale il capitolo conclusivo della biografia: “Questa sarebbe la fine”. Con questi versi di Selma Meerbaum-Eisinger rimando alla lettura del volume:

Schlaflied für mich

 

Ich wiege und wiege und wiege mich ein
mit Träumen bei Tag und bei Nacht
und trinke den selben betäubenden Wein
wie der, der schläft, wenn er wacht.

Ich singe und singe und sing’ mir ein Lied,
ein Lied von Hoffnung und Glück,
ich sing’ es wie der, der geht und nicht sieht,
daß er nimmermehr gehn kann zurück.

Ich sage und sage und sag’ mir die Mär,
die Mär vom Liebesgeflecht,
ich sage sie mir und glaub’ doch nicht mehr
und weiß doch: das Ende ist schlecht.

Ich spiele und spiele mir die Melodei
der Tage, die nicht mehr sind,
und mache mich von der Wahrheit frei
und tue, als wäre ich blind.

Ich lache und lache und lache mich aus
ob dieses meines Spiels.
Und spinne doch Träume, so wirr und so kraus,
so bar eines jeden Ziels.

Januar 1941

Ninna nanna per me
Mi cullo e continuo a cullarmi
coi sogni al mattino e alla sera
e bevo lo stesso vino drogato
di chi dorme quando è ben sveglio.

 

Io canto, mi canto una canzone,
canzone di gioia e speranza,
la canto come chi va ma non vede
che non potrà più ritornare.

Io dico e mi dico e ridico una voce,
diceria d’una storia d’amore,
la dico a me stessa e più non le credo,
perché so: non avrà lieto fine.

Io suono, mi suono e risuono il motivo
dei giorni che sono passati,
e mi sbarazzo della verità
e fingo di essere cieca.

Io rido e rido ancora e me la rido
di questo mio giocare.
E invento intricate trame di sogni
che non hanno meta.

Gennaio 1941

(traduzione di Francesca Paolino)

Francesca Paolino, Una vita. Selma Meerbaum-Eisinger (1924-1942). Edizioni del Faro, Trento 2013

__________________________________________________________

Francesca Paolino, nata nel 1978, germanista, si occupa da anni di Selma Meerbaum-Eisinger. Affianca alle ricerche letterarie le attività di traduttrice e guida turistica.
__________________________________________________________

Questa nota di lettura è la versione ampliata di quella pubblicata il 14 febbraio 2013 su Poetarum Silva, qui

__________________________________________________________

* pubblicata su “Cronache di Mutter Courage”, qui

Anteprima: Vincenzo Mastropirro, Poèsìa spàrse e sparpagghiòte

04 mercoledì Set 2013

Posted by letteremigranti in Musica, Poesia

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Anna Maria Curci, CFR edizioni, Nicola Pice, Poesia sparse e sparpagghiote, Pugliamondo, Vincenzo Mastropirro

copertina-Mastropirro

Li ho rivisti qualche giorno fa, quei viali di Ruvo di Puglia dove sono cresciute insieme, al suono delle mandorle messe ad asciugare e puntualmente ‘arate’ dai bambini messi a guardia ciascuno delle proprie (Sotte u saule estèive du Sud, in Pugliamondo) musica e poesia di Vincenzo Mastropirro. Tra qualche giorno uscirà la sua raccolta Poèsìa spàrse e sparpagghiòte, Poesia sparsa e sparpagliata (CFR edizioni). Oggi, nel giorno del compleanno di Vincenzo Mastropirro, invio anche dalle Lettere migranti il mio augurio, insieme a un’anteprima della prefazione e delle postfazione del volume. (amc)

Ogn’e iune spicce addò accummìénze.
Ognuno finisce dove comincia.

dalla prefazione di Nicola Pice

[…] È così che il testo, musicalmente misurato, suscita sensazioni e la sua poesia si leva cristallina , con i suoi pensieri e le sue proiezioni segrete, espressi con lucida ebbrezza e acuta sensibilità per i sentimenti fondamentali dell’esistenza: la malinconia dei giorni abrasi dal tempo, la consapevolezza del proprio fluire dell’esistere, l’irrisolvibile rimpianto, la stanca attesa del nulla, la lucidità di un clown che si compiace della sua ipocrisia, la nebbia dell’indistinto, lo sfarinarsi del tempo che richiama alla propria fragilità, la sottile leggerezza della quotidianità, l’eterno enigma dell’esistenza, l’inferno della vita che è più inferno di quello biblico, gli assalti della memoria, il senso della finitudine e il sogno della libertà, il volare dell’anima libera verso il sogno o l’afferrare i sogni che si inseguono senza la pretesa di fissarli sulla pagina di diario che resterà sempre bianca e vuota, lo smarrimento di sé sino ad annegare nel lago di straziata estraneità, l’anelito a non buttare mai via l’anima che va sempre rattoppata come con i calzini d’un tempo irrimediabilmente perduto […]

dalla postfazione di Anna Maria Curci

[…] Il ruvese e Ruvo sono officina, osservatorio e punto di partenza per portare lo sguardo acuto e la lingua che si oppone alla vulgata, questa sì sonnecchiante e appagata, in altri luoghi, immaginari e reali, a smascherare, a denunciare, come avviene nel componimento L’arie, che racconta di Taranto e della sua aria appestata, ‘mbracedèite, “infradiciata”. Consuetudini e figure ricorrenti nel paese – la banda, innanzitutto, la processione, i riti sociali, i tipi umani – diventano poesia, circense e teatrale, con i tratti della ‘moralità’ medievale e del dramma barocco, musicale con le arie d’opera e il suono degli strumenti a percussione e a fiato.  Vincenzo Mastropirro è musicista – il flauto è il suo strumento – e compositore. Questo dato non può, non deve essere separato dalla sua dimensione di poeta. Dal “fiato che s’accarna”, che trasforma in musica “ogni vibrazione”, prende vita una rappresentazione che tutto e tutti tocca […]

«’Namo donne che oggi so’ matta»

03 martedì Set 2013

Posted by letteremigranti in Anna Maria Curci, Cinema, Poesia

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'namo donne che oggi so' matta, Anna Maria Curci, cinema, Giulietta Masina, Poesia

Non ho voglia di puntellare, oggi.
Ho esaurito la pietas
per fragilità immemori.

Non ho voglia di chiosare, oggi.
Ha bevuto, il plumbago,
e sa ricompensare.

Non ho voglia di pescare, oggi,
refusi propri e altrui
sul pelo dello stomaco.

Non ho voglia di ballare, oggi,
la quadriglia dei cannibali
all’idiota.

Punto i piedi, faccio la verticale,
salgo sullo sgabello
e canto.

(«’Namo donne che oggi so’ matta»)

Anna Maria Curci
3 settembre 2013

Imbatti: Incontri davvero fortuiti?

02 lunedì Set 2013

Posted by letteremigranti in Anna Maria Curci, Poesia, Uncategorized

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Anna Maria Curci, Imbatti, Inciampi e marcapiano, Poesia

Marisa Fogliarini, Eur n. 1

Marisa Fogliarini, Eur n. 1, da qui

Imbatti. Uno: Talia

Il primo incontro fu con Talia, la sarta.
Cuciva maschere e costumi
per guitti veri e pei professionisti.
Grigio di vento e pioggia

era il mattino di Pasqua;
nel caglio dell’alba custodiva
un involto sotto il braccio e procedeva
sicura e spedita, senza intoppi.

Mi stupii di vederla fuori dall’antro
In cui tagliava e abbinava pezze di tela ruvida,
pelle d’uovo e taffetà, talvolta shantung.
All’occhio esterrefatto rispose allora quieta:

«Da terza grazia mi hanno declassata, faccio
Il lavoro sporco, dicono, ma da oggi io dono in
contrabbando tele tutte di un pezzo a chi
abbandona l’uniforme del comodo torpore».

Imbatti. Due: Retroguardia

Retroguardia conobbi, fu il secondo.
Con la sinistra il dito sulle labbra e
con la destra il gesto di seguirlo.
Non parlava. Alle pareti erano

scacciapensieri in varie fogge,
non dondolavano lievi senza vento.
Arrivati al fondo, un riflesso ci accolse,
come un baluginio timido e tondo.

Erano pesci rossi con contorno
di ninfee, ne divinava Retroguardia
guizzi e giravolte. «Mi hanno tolto il lavoro»,
infine disse, «capisco molto però guardando loro».

Imbatti. Tre: Malina

La terza fu la volta di Malina.
Nelle cocche portava del grembiule
una scorta di ortiche, unico scampo
suo alla torre di fame settennale.

Sul dorso aveva appesa una lanterna.
«Faccio luce, esordì, a chi ha per bussola
il sembiante eppur pretende di distinguere
il vero. Anche l’amato volli aiutare e ancor

s’avverte il tocco a vuoto degli indizi sparsi
mai raccolti. Muto l’accento a volte, mi trasformo
in pedone, nascondo la lanterna sotto il manto,
dalla scacchiera ammicco placida in incognito.

Imbatti. Quattro: Aritessa

Se perdo il filo, implora e non seguirmi.
Le parole eran queste della quarta,
Aritessa il suo nome, lieve il gesto
di invito a tralasciar la vana impresa.

A stuzzicar la gratuità cocciuta
s’aggiunse lampo d’iridi irridenti,
contraddetto beffardo e temerario
d’ogni sopore comodo e pasciuto.

Anna Maria Curci, da: Inciampi e marcapiano, LietoColle 2011, 57-60


Imbatti. Cinque: Obliquo

«Sia la tua veste fatta di percalle».
Fu Talia, ancora lei, a sussurrare.
Alle sue spalle scorsi, era penombra,
sagoma incerta e dura a decifrare.

Con la pezza di stoffa sotto il braccio
sigaretta di filo e metro al collo
già mi squadrava Obliquo e scosse il capo:
«Non cercare tra sete il tuo tessuto».

Anna Maria Curci
24 giugno 2013

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  • Annamaria Ferramosca, Come si veste di luce il buio (su “Insorte” di Anna Maria Curci)
  • Salvatore Statello, Ines de Castro (nota di Norma Stramucci)
  • Reiner Kunze, CROCE DEL SUD

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