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Maurizio Rossi, La ruota di Duchamp. Prefazione di Sandro Montanari, Cofine Edizioni 2022
C’è un confine tra io e noi
una discreta linea d’orizzonte
quando per mare vai
e trascolora con la luce, a volte
si confonde, dispiegato e onde,
un fascio d’energia
nel prisma delle ore
a declinare voci della mente
e toni dell’anima.
Intanto ad Occidente vai
– solitudine e abbraccio –
vele tese sottovento
a precedere la notte.
Maurizio Rossi, La linea incerta
Come i versi posti in esergo, tratti dalla poesia La linea incerta, tutto il romanzo di Maurizio Rossi La ruota di Duchamp – il cui titolo fa riferimento, come osserva Sandro Montanari nella Prefazione, alla “stabile disarmonia”, al centro di quest’opera, così come lo è per Ruota di bicicletta di Marcel Duchamp – si muove tra poli che si contrappongono e che pure sono complementari, giacché è del loro coesistere che si nutrono le vicende umane.
La prima coppia è quella indicata dalla poesia menzionata: io e noi. Il cammino che separa «la linea incerta tra io e noi» passa per la riscoperta del sé, un sé che gradualmente, non senza soste, momenti di stallo e scossoni dolorosi, accoglie i propri limiti e, allo stesso tempo, impara ad apprezzare le proprie inclinazioni, i propri talenti sprofondati in precedenza nella disistima, nei “j’accuse” propri e altrui. È il cammino che percorrono i due protagonisti del romanzo, Umberto e Valeria, tanto che non è azzardato affermare che la storia del loro incontro si sviluppa includendo la storia della loro formazione e della loro trasformazione.
Un’altra coppia di ‘opposti complementari’ che riveste un ruolo centrale nel romanzo è quella della malattia e della guarigione. I due poli sono messi in evidenza sia dalla collocazione temporale delle vicende narrate, ambientate all’epoca dell’emergenza sanitaria per l’epidemia di Covid-19, sia dall’irrompere della malattia nelle biografie dei protagonisti. Un episodio, in particolare, segnerà il passaggio dalla prima alla seconda parte del romanzo.
Anche per la coppia malattia-guarigione va messa in evidenza la dinamicità del romanzo, che cresce e si evolve, trasformandosi in progressivo divenire, insieme ai suoi personaggi. La malattia comprende anche i traumi che hanno provocato profonde cesure nella vita di Umberto e di Valeria, in particolare nei rapporti con i partner precedenti. La guarigione passa per un altro nodo fondamentale, un nodo che va sciolto: è quello del perdono, del perdono di sé stessi e del perdono di chi ha inferto la ferita.
L’attesa, la riflessione, l’attenzione, il perdono, possono essere ricondotti alla parte femminile della psiche, che cerca e trova, almeno in questo romanzo, una riconciliazione con la parte maschile. Anche in questo caso il processo di incontro e coesistenza sempre più consapevole ne esalta la dinamicità. L’equilibrio non è acquisito una volta per tutte, ma si ricombina continuamente. Il processo è, inoltre, così come avviene per gli altri nuclei, sia interiore che esteriore, sia individuale che attento alle dimensioni collettive.
Non tanto in contrapposizione, quanto piuttosto in una complementarità che superi pregiudizi e posizioni secolari, è il concetto di paternità rispetto alla maternità. In tal senso la vicenda di Umberto è paradigmatica, giacché egli, provenendo dalla trascuratezza che gli viene rimproverata e che senz’altro paga anche duramente, se si pensa alla scelta di Cristina, sua moglie, e alle recriminazioni che per anni gli esprimono le figlie Francesca e Serena, giunge a una pienezza che abbraccia cura e sollecitudine.
Sono molte, del resto, le figure paterne che illuminano la storia, dal padre di Umberto, ricordato con devozione e riconoscenza, al professor Albergati, nel cui affetto paterno trova conforto Valeria.
Arte e scienza, e tra le scienze in particolare la medicina, vista la professione di Umberto, ora in pensione, sono un binomio che si confronta già nella stessa persona del protagonista maschile del romanzo, attratto dall’arte in senso lato, curioso e appassionato, e scienziato, sia pure di una scienza come la medicina, nella quale i dati empirici e le numerose variabili, esaltate e messe in primo piano dall’emergenza pandemica, non possono fare a meno, a rischio di un fallimento totale, di un’attenzione, continua e sollecita, all’aspetto squisitamente umano.
All’interno del vasto ambito dell’arte, inoltre, come già mostra l’incipit del romanzo, con la descrizione dettagliata dell’interno di San Lorenzo fuori le mura in attesa del concerto, la coppia degli ‘opposti complementari’ architettura e musica convive in maniera significativa non solo per ciò che concerne le predilezioni dei due protagonisti, di Valeria e di Umberto e in quest’ultimo in misura più evidente, ma anche per quanto riguarda le caratteristiche dello stile di Maurizio Rossi in questo romanzo. Si tratta infatti di uno stile che alla musicalità di una prosa, che ha fatto tesoro della consuetudine con il ritmo e la sonorità della poesia, unisce gli elementi architettonici della struttura rigorosa, che alterna i brani in tondo (lo svolgersi dei fatti) e in corsivo (il ricordo, gli antefatti, che nella seconda parte sono anch’essi riportati al tempo presente, in un continuum che mette in evidenza quanto, del passato, sia vivido e attuale e quanto, nella vita vissuta, sia importante il bagaglio di memorie che portiamo con noi).
Anche i luoghi che accolgono i tratti delle esistenze delle persone in questo romanzo si animano di vita fino a diventare realtà diverse, talora contrapposte, sempre complementari: sono i quartieri romani di Centocelle e San Lorenzo, sono Roma, la città, e il litorale di Santa Marinella per Umberto, sono Roma e Ancona, Ancona e Bologna per Valeria.
I sentimenti e gli stati d’animo in gioco sono anch’essi complementari e contrapposti: curiosità, slancio, diffidenza, timore, gioia, dolore, malinconia. Ciò che si attenua, nel volgersi del romanzo verso il futuro, come scoprono con riconoscente stupore i due protagonisti, è, finalmente, il rimpianto per le occasioni perdute.
©Anna Maria Curci Continua a leggere