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Maria Pina Ciancio, Tre fili d’attesa (nota di Rosaria Di Donato)

23 venerdì Dic 2022

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LucaniArt, Maria Pina Ciancio, Poesia, recensioni, Rosaria Di Donato

Maria Pina Ciancio, Tre fili d’attesa. Con una stampa di Stefania Lubatti. Interventi di Anna Maria Curci e Abele Longo, LucaniArt 2022

 

«Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti». (Cesare Pavese, La luna e i falò).

Forte è il legame che unisce l’Autrice a San Severino Lucano, anche se è nata in Svizzera, dove lei rinviene le sue origini esistenziali profonde. È il suo un canto senza tempo che narra il legame ancestrale con un luogo “sospeso”, nascosto alle cronache, ai media e lontano dai social: quasi una favola antica, un mito che ripropone la vita semplice, essenziale di un paese rurale del Sud. “Tre fili d’attesa”, detto popolare lucano, racchiude l’essenza e il significato di una dimensione antropologica contadina di un mondo ancorato al ciclico corso della natura e al senso tragico dell’esistere: rassegnato all’ineluttabile. “Siamo nidi sfilacciati sugli alberi d’inverno”(pag. 11). Eppure vibrano i versi nel dare vita alle storie di persone e di  cose che custodiscono un vissuto sapienziale conteso tra la vita e la morte, tra il tempo della festa e quello ordinario. C’è un brivido che accende come un vento le vie del paese, i suoi muretti, le stanze delle case e percorre le vene del lettore che si ritrova in Gennaro e Vincenzino, in zio Pietro e la sua casa”pittata” di rosso, in Antoniuccio Vito e Mariuccia, Marietta e Giacomino, Antonella e il suo pallone “rincorso” dai cani…a sussurrare tra le pieghe del tempo:”…a bona sciorta / nu lavoro ca cunta / u capattiempo ca vene sempre chiù luntano” (pag. 8). La stampa di Stefania Lubatti impreziosisce il Quaderno poetico n. 1 di M. P. Ciancio stampato in 65 esemplari firmati e numerati. Resilienti, la poesia e l’arte pittorica si fondono in un abbraccio che rischiara il passato nell’attesa che le radici fioriscano

Rosaria Di Donato

23 Dicembre 2022

Maria Pina Ciancio, di origine lucana, è nata in Svizzera nel 1965. Trascorre la sua infanzia tra la Svizzera e il Sud dell’Italia e da qualche anno vive nella zona dei Castelli Romani. Viaggia fin da quand’era giovanissima alla scoperta dei luoghi interiori e dell’appartenenza, quelli solitamente trascurati dai grandi flussi turistici di massa, in un percorso di riappropriazione della propria identità e delle proprie radici. Ha pubblicato testi che spaziano dalla poesia, alla narrativa, alla saggistica. Tra i suoi lavori più recenti ricordiamo Il gatto e la Maria falena (Premio Parola di Donna, 2003), La ragazza con la valigia (Ed. LietoColle, 2008), Storie minime e una poesia per Rocco Scotellaro (Fara Editore 2009), Assolo per mia madre (Edizioni L’Arca Felice, 2014), Tre fili d’attesa (Associazione Culturale LucaniArt 2022). Nel 2012 ha curato il volume antologico Scrittori & Scritture – Viaggio dentro i paesaggi interiori di 26 scrittori italiani.

Franz Marc, a 100 anni dalla morte

04 venerdì Mar 2016

Posted by letteremigranti in Anna Maria Curci, anniversari, Arte, Disegni, Storia, Traduzioni, Uncategorized

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Anna Maria Curci, Bibbia, Blauer Reiter, centenario, Else Lasker-Schüler, Franz Marc, Grande Guerra, Talmud, traduzioni, Verdun

Marc_Zitronenpferd

Franz Marc, Cavallo limone e bue di fuoco del principe Jussuf. China, acquerello, inchiostro da stampa. Cartolina a Else Lasker-Schüler del 9 marzo 1913.

100 anni fa, il 4 marzo 1916, moriva a Verdun, sul fronte occidentale, Franz Marc. Voglio ricordarlo con qualche riga tratta dal carteggio con Else Lasker-Schüler. Un libro a me tra i più cari, che possiedo nell’originale in lingua tedesca. La traduzione italiana, del 1991, è attualmente pressoché introvabile.

Negli anni tra il 1912 e il 1914, l’artista Else Lasker-Schüler, poetessa e autrice di originali disegni, e il pittore Franz Marc, tra i fondatori del Blauer Reiter, ebbero una corrispondenza che si caratterizza per il continuo ricorso a due linguaggi diversi: quello verbale e quello figurativo. C’è un gioco di rimandi a personaggi storici, mitologici e biblici nella corrispondenza, cartoline, lettere e biglietti corredati di illustrazioni originali del pittore e della poetessa.  “Jussuf Prinz von Theben”, Jussuf principe di Tebe, si firmava Else Lasker-Schüler nelle lettere e nelle cartoline inviate a Franz Marc (“mein lieber wundervoller blauer Reiter”, “mio caro prodigioso cavaliere azzurro”, lo chiamava) e alla moglie di lui, Maria. Ne L’arte della fuga Angelo Maria Ripellino scrive, a proposito delle cartoline illustrate che Marc invia a Lasker-Schüler: «quadretti con raffigurazioni di animali, resi con pura forma ritmica, compenetrazione di colori e incantata, tenera, poesia.»

Ecco quello che scrivono Franz e Maria Marc il 9 marzo 1913 a Else Lasker-Schüler:

Zitronenpferd und Feuerochse des Prinzen Jussuff [sic!]

M.

[Sindelsdorf, 9. März 1913, Sonntag.]

Lieber guter Prinz, Es war lieb von Dir, unsrer Mutter zu schreiben, sie hat sich sehr gefreut.

In unser Schlafzimmern flimmern so viel Sterne herein, daß wir kein Sternennachtlichtlein anzuzünden brauchen, so sind wir die Glücklicheren! Wir freuen uns auf die Märzbriefe, wir haben sie uns schon bestellt. Einen Kuß von Deinen blauen Kindern.

Aus: Else Lasker-Schüler – Franz Marc, Mein lieber wundervoller blauer Reiter. Privater Briefwechsel, Artemis & Winkler 1998, 56

Cavallo limone e bue di fuoco del principe Jussuff [sic!]

M.

[Sindelsdorf, 9 marzo 1913, domenica.]

Caro buon principe, è stato carino da parte tua scrivere a nostra madre; se ne è rallegrata molto.

Nella nostra camera entrano, pulsando,  così tante stelle, che non abbiamo più bisogno di accendere lumini da notte stella, così siamo noi, se vogliamo metterci a paragone, quelli più felici! Non vediamo l’ora di ricevere le lettere di marzo, ce le siamo già prenotate. Un bacio dai tuoi bambini azzurri.

(traduzione di Anna Maria Curci)

Quando morì Franz Marc, Else Lasker-Schüler scrisse queste parole:

Der blaue Reiter ist gefallen, ein Großbiblischer, an dem der Duft Edens hing. Über die Landschaft warf er einen blauen Schatten. Er war der, welcher die Tiere noch reden hörte; und er verklärte ihre unverstandenen Seelen.
Immer erinnerte mich der blaue Reiter aus dem Kriege daran: es genügt nicht alleine, zu den Menschen gütig zu sein, und was du namentlich an den Pferden, da sie unbeschreiblich auf dem Schlachtfeld leiden müssen, Gutes tust, tust du mir.

Er ist gefallen. Seinen Riesenkörper tragen große Engel zu Gott, der hält seine blaue Seele, eine leuchtende Fahne, in seiner Hand. Ich denke an eine Geschichte im Talmud, die mir ein Priester erzählte: wie Gott mit den Menschen vor dem zerstörten Tempel stand und weinte. Denn wo der blaue Reiter ging, schenkte er Himmel. So viele Vögel fliegen durch die Nacht, sie können noch Wind und Atem spielen, aber wir wissen nichts mehr hier unten davon, wir können uns nur noch zerhacken oder gleichgültig aneinander vorbeigehen.

In dieser Nüchternheit erhebt sich drohend eine unermeßliche Blutmühle, und wir Völker alle werden bald zermahlen sein. Schreiten immerfort über wartende Erde. Der blaue Reiter ist angelangt; er war noch zu jung zu sterben.
Nie sah ich irgendeinen Maler gotternster und sanfter malen wie ihn. »Zitronenochsen« und »Feuerbüffel« nannte er seine Tiere, und auf seiner Schläfe ging ein Stern auf.
Aber auch die Tiere der Wildnis begannen pflanzlich zu werden in seiner tropischen Hand. Tigerinnen verzauberte er zu Anemonen, Leoparden legte er das Geschmeide der Levkoje um; er sprach vom reinen Totschlag, wenn auf seinem Bild sich der Panther die Gazell vom Fels holte.
Er fühlte wie der junge Erzvater in der Bibelzeit, ein herrlicher Jakob er, der Fürst von Kana. Um seine Schultern schlug er wild das Dickicht; sein schönes Angesicht spiegelte er im Quell und sein Wunderherz trug er oftmals in Fell gehüllt, wie ein schlafendes Knäblein heim, über die Wiesen, wenn es müde war.

Das war alles vor dem Krieg.

Il cavaliere azzurro è caduto, una grande figura biblica, sulla quale aleggiava il profumo dell’Eden. Proiettava sul paesaggio un’ombra azzurra.  Era lui ad essere ancora capace di sentir parlare gli animali; ed era lui a trasfigurare le loro anime non comprese.
Il cavaliere azzurro me lo ricordava sempre dal fronte di guerra: non basta essere benevoli solo con le persone; ciò che infatti fai di buono ai cavalli, lo fai a me, ché essi sono costretti a soffrire indicibilmente sul campo di battaglia.

Egli è caduto. Angeli grandi portano il suo corpo gigantesco a Dio, che tiene nella mano la sua anima azzurra, una bandiera luminosa. Penso a una storia che si trova nel Talmud e che mi fu raccontata da un sacerdote: narra di come Dio stesse in piedi, insieme alle persone, dinanzi al tempio distrutto, e piangesse. Là dove si recava il cavaliere azzurro, donava cielo. Così tanti uccelli volano attraverso la notte, sanno ancora giocare a vento e respiro, ma noi quaggiù non ne sappiamo più niente, sappiamo soltanto farci a pezzi l’uno con l’altro oppure passare l’uno accanto all’altro con indifferenza.

In questa sobrietà si erge minacciosa una smisurata macina di sangue, e presto noi popoli saremo triturati. Continuiamo a procedere sulla terra in attesa. Il cavaliere azzurro è arrivato; era troppo giovane per morire.
Non ho mai visto un pittore dipingere in maniera più divinamente seria e mite di lui: «buoi limone» e «bufali di fuoco» chiamava i suoi animali, e sulla sua tempia si accendeva una stella.
Ma anche gli animali dei luoghi selvaggi cominciarono a farsi piante nella sua mano tropicale. Col suo incantesimo le tigri diventavano anemoni, attorno al collo dei leopardi avvolgeva il monile delle violacciocche; parlava di puro colpo mortale, ogni qualvolta sul suo quadro la pantera andava a prendersi la gazzella dalla roccia.
Aveva gli stessi sentimenti del giovane patriarca biblico, lui, un magnifico Giacobbe, il principe di Cana. Si caricava sulle spalle la boscaglia fitta; specchiava nella sorgente il suo bel volto e quando era stanco portava spesso per i prati, avvolto in pelli, il suo cuore prodigioso, così come si porta a casa un fanciullino dormiente.

Tutto questo fu prima della guerra.

Else Lasker-Schüler

(traduzione di Anna Maria Curci)

da: Sibylle Lewitscharoff, Blumenberg

14 sabato Set 2013

Posted by letteremigranti in Arte, Narrativa, Pittura, Romanzi

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Antonello da Messina, Blumenberg, Paola Del Zoppo, San Girolamo, Sibylle Lewitscharoff

Antonello da Messina, San Girolamo nello studio, da qui

Antonello da Messina, San Girolamo nello studio, da qui

Anche se non c’era nulla che si potesse criticare nel suo studio, Blumenberg si rammaricò di non avere a disposizione una stanza magnifica come quella dipinta da Antonello da Messina. Il quadro, eseguito dal maestro italiano in forti chiaroscuri alla maniera fiamminga, sbloccò la memoria di Blumenberg, adesso di nuovo perfettamente funzionante: lo sguardo penetra da una finestra, sul parapetto un pavone, una ciotola di rame, una quaglia. Nel sontuoso interno una piccola scala: uno, due, tre, per tre scalini si sale su un palco. Il santo sapiente nel suo fluente manto di velluto rosso e con il copricapo di velluto rosso, con le braccia distese, sfoglia un libro posato obliquamente su una sorta di leggio con poltrona. A sinistra una meravigliosa vista si apre attraverso una finestra. Un paesaggio collinare con isolati cipressi. E a destra, dietro il palco del sapiente, si affaccia dall’oscurità un misero leone. No, niente proporzioni leonine ed enormi zampe, ma provvisto di sottili arti scattanti, come un levriero. Probabilmente Antonello da Messina non aveva mai visto un leone di persona.

da: Silylle Lewitscharoff, Blumenberg. Traduzione di Paola del Zoppo, Del Vecchio editore 2013, pp. 18-19

“Matriarche” – Opere su carta di Luigi Simonetta

25 domenica Ago 2013

Posted by letteremigranti in Arte, Disegni, Pittura

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Tag

Anna Maria Curci, arte, disegni, Kokonton gallery, Luigi Simonetta, Matriarche, pittura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                Kokonton Gallery  – Venezia

                                                     Via Garibaldi 1771

                                                         Castello VENEZIA

 

                                                         “Matriarche”

                                      Opere su carta di Luigi Simonetta

Matriarca biancaMatriarca nera

 

              Vernissage 30 agosto ore 18          

 Dal 30 agosto al 14 settembre 2013, ore 16/20

Chiuso domenica e lunedì

 

 

I dipinti di Luigi Simonetta qui esposti indicano un percorso sostenuto da un progetto insieme chiaro e complesso, singolare e plurale allo stesso tempo. Colpisce la posizione scelta per le matriarche: sedute o in piedi, con le braccia a tracciare simmetrici contorni, si rivolgono a chi guarda, con la maestosità enigmatica dello sguardo. A distinguerne identità, funzione e significato intervengono fattori diversi e uniti dal rigore e dalla coerenza delle scelte: il capo scoperto o velato, il corpo fasciato o morbidamente avvolto dalle vesti, la capigliatura, sciolta o raccolta, l’abbinamento dei toni cromatici e, a seconda delle composizioni, il colore dominante, la qualità della pennellata ovvero del tratto, la presenza o l’assenza di linee di contorno e di linee interne volte a creare non tanto meri decori, quanto piuttosto una ragionata e riconoscibile struttura portante.

 Anna Maria Curci

 

 

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Luigi Simonetta è nato a Pavia nel 1941 e vive a Roma. Pittore e incisore, noto al pubblico di Venezia per avervi tenuto diverse mostre personali e per aver partecipato per oltre quindici anni alle iniziative di “Atelier aperto”,  unisce nelle sue opere uno sguardo critico sulla realtà contemporanea a una riflessione su figure ricorrenti nell’immaginario universale. “Matriarche”, il ciclo di opere su carta in esposizione presso la Kokonton Gallery di Venezia dal 30 agosto al 14 settembre, conferma la sua originale  rielaborazione di storia e mito, di attualità e archetipo (A.M.Curci).

.

Mostre personali di pittura e grafica

 

Venezia 1985 (Galleria Segno Grafico); 1998/2001/2008/2010 (Galleria Venezia viva);

Milano: 2000 (Galleria Nuovo Aleph;:

Roma 1993/1995 (Galleria Trifalco; 2007 (Villa Torlonia);

Lerici: 1996 (Castello di S. Terenzo);

Umbertide: 2005 (Rocca di Umbertide – Centro di Arte contemporanea):

Tivoli: 2006 (Scuderie Estensi)

 

web.tiscali.it/luigisimonetta

luigisi@tiscali.it

 

 

 

Kokonton Gallery

Via Garibaldi 1771, Castello Venezia

Fermate ACTV Arsenale oppure Biennale

 

www.facebook.com/kokontongallery

kokontonvenezia@hotmail.it

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