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Letture a due voci, 2: Claudio Pescetelli, Roma Beat

06 mercoledì Gen 2016

Posted by letteremigranti in Anna Maria Curci, Laura Vazzana, Musica, Prosa, Recensioni, Rubriche, Storia

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Anna Maria Curci, Beat, Beatles, Claudio Pescetelli, golpe Borghese, Il vicario, Laura Vazzana, Letture a due voci, musica, Per le strade di Roma, Piper, Poetarum Silva, prosa, recensioni, Rolf Hochhuth, rubriche, storia, Teatro Adriano, teatro off, underground

ROMA BEAT - copertina prima

Claudio Pescetelli, Roma Beat, Zona editrice 2015

Con il suo libro “Roma Beat”, Claudio Pescetelli ha scritto pagine della storia d’Italia. Una storia piuttosto recente, per molto tempo trascurata, come spesso avviene con le cose a portata di mano. Qui non si parla della grande America, si parla di Roma, di come Roma, negli anni ’60, ha rivisitato e vissuto a modo suo stimoli creativi e culturali, offrendoli a un vasto pubblico. Di giovani, naturalmente, perché i giovani rappresentano da sempre la parte ricettiva della società.

Noi che eravamo bambini o ragazzi negli anni ’60 non possiamo non provare un senso di nostalgia, non possiamo non aver conosciuto direttamente o indirettamente una bella fetta dei nomi citati con grande cura e studio dall’autore, degli artisti, come pure dei locali. Che spesso erano locali per modo di dire. Mentre gli artisti neanche si immaginava che, alla distanza, avrebbero costituito capitoli importanti della musica rock italiana.  Prendo ad esempio il mitico Renato Zero. Ora è riconosciuto universalmente un grande, uno che ha ancora molto da dire, i cui concerti sono autentici spettacoli, allora si notava perché era un personaggio e proprio per questo non aveva vita facile.

Per i ragazzi di oggi la lettura di “Roma Beat” è utile e istruttiva perché riporta dettagliatamente il clima particolare di voglia di sperimentare che abbracciava le nuove generazioni, pure se in un momento storico in cui il cosiddetto ‘gap’ con gli adulti era davvero profondo. Eppure, nei condomini, non erano rare le cantine allestite a salette per suonare, insonorizzate alla meglio con le scatole delle uova. Chi poteva, metteva i soldi da parte per comprarsi una chitarra. Si suonava sul prato con gli amici, cercando gli accordi giusti, imitando gli artisti veri.

Con l’aderenza al reale dello storico, l’autore non trascura, tuttavia, di mettere in evidenza come, nonostante gli slogan sulla pace gridati con forza, cominciasse purtroppo ad aprirsi un varco anche il lato buio del cambiamento.

©Laura Vazzana

Immaginate di poter proseguire, attraverso la lettura di un libro, una conversazione che avete iniziato, appena ventenni, con un amico. Quella conversazione, come avveniva spesso, verteva sui ricordi, ancora molto freschi, che provenivano dai banchi di scuola. Immaginate che quella scuola di cui vi raccontava l’amico sia la scuola nella quale insegnate da tanti anni. Immaginate di aver conosciuto e apprezzato, come colleghi, alcuni dei professori del vostro amico. Immaginate, ancora, che quella conversazione, che partiva dai banchi di scuola, si allargasse immediatamente alle passioni comuni, o meglio “alla” passione per eccellenza, quella per la musica, quella che vi spingeva, tra l’altro, a trascorrere la domenica mattina nella galleria semibuia che collega Piazzale della Radio con il dispiego di colori delle bancarelle di Porta Portese. A far cosa? Ma a scambiare vinili, sfiancati dall’ascolto e sempre inseguiti e curati, a cos’altro?  La passione per la musica che vi faceva sussurrare o gridare (a mo’ di quel “Klopstock” pronunciato ne I dolori del giovane Werther) il nome di gruppi sentiti come propri grazie al piacere della ricerca e della scoperta. Immaginate di leggere Roma Beat di Claudio Pescetelli e trovare, ampliato e amplificato, con un suono nitido, il tono familiare e sempre nuovo di quella conversazione. Se immaginate tutto questo, comprenderete la gioia nel percorrere questo “ponte della musica” visionario e tuttavia assai concreto. Roma Beat è una cronaca appassionata e documentata fin nel minimo dettaglio non solo della scena underground, dell’universo beat a Roma, dal 13 febbraio 1965 all’11 ottobre 1970, ma anche del contesto sociale e politico in cui si muovono i giovani che danno vita in quegli anni a locali, concerti, teatri e cinema off. Non troverete soltanto notizie – una fucina pressoché inesauribile, comunque – sulla storia dell’apertura del Piper e sulla prima volta dei Beatles a Roma, per la precisione al Teatro Adriano, ma anche particolari e testimonianze su soffiate di quotidiani della capitale, sgomberi e fermi in occasione della prova generale della pièce di Hochhuth, Il vicario,  opera e operazione che scatenarono rumorosissime polemiche e sordi interventi di censura, sui “capelloni”  che stazionavano sulla scalinata di Trinità dei Monti, tenuti a distanza e perfino temuti dai benpensanti, i quali reclamavano a gran voce l’intervento della polizia, su manifestazioni e repressioni, su proteste e pacifismo, sulla guerra del Vietnam, sui depistaggi dei servizi segreti sulla strage di piazza Fontana, sui preparativi del golpe di Junio Valerio Borghese.

“Se vuoi, dai voce alla storia”, scrivevo qualche anno fa a Berlino, in occasione dei 50 anni dalla costruzione del muro.  In Roma Beat Claudio Pescetelli ha dato voce alla storia, con la cronaca di un cambiamento epocale che si è manifestato in particolare attraverso la musica e la sua ricezione.*

© Anna Maria Curci

CLAUDIO PESCETELLI è nato nel 1960 a Roma, dove vive. Appassionato e studioso degli anni sessanta e settanta, alle culture e alla musica di quegli anni dal 1991 ha dedicato le fanzine Born Loser e Mondo Capellone. Ha sinora pubblicato otto libri, sei di argomento musicale – Ciglia ribelli (I libri del Mondo Capellone, 2003), Una generazione piena di complessi (Zona Editrice, 2006), i tre volumi di Nudi & crudi (I libri del Mondo Capellone, 2010, 2011 e 2012) e Lo stivale è marcio (Rave Up Books, 2013) – e due romanzi, Le tribù (Zona Editrice, 2009) e Strada statale (I libri del Mondo Capellone, 2011).Ha disegnato copertine di dischi per i gruppi The Garbages e The Others, e collaborato con le riviste Bassa Fedeltà, Misty Lane, Vintage e Jamboree.

*la lettura di Anna Maria Curci è apparsa in anteprima su Poetarum Silva, qui

Da qui, messere…

22 sabato Feb 2014

Posted by letteremigranti in Anna Maria Curci, Musica, Poesia

≈ 3 commenti

Tag

Anna Maria Curci, Banco del Mutuo Soccorso, Francesco Di Giacomo, Giovanni Pirri, In volo, musica, Poesia

digiacomo

Da qui, messere, si domina la valle

Anche oggi la storia mi presenta il conto,
lo spartito severo della tua partenza.

E se mi rifiutassi di cantarlo,
se intonassi, invece, come in sere d’estate,
coi due Chisciotte a Fiesta, poi sotto i pini
per il gran corale: non mi svegliate, ve ne prego?

Anna Maria Curci

22 febbraio 2014, per Francesco Di Giacomo

Qui l’intervista di Giovanni Pirri a Francesco Di Giacomo

Anteprima: Vincenzo Mastropirro, Poèsìa spàrse e sparpagghiòte

04 mercoledì Set 2013

Posted by letteremigranti in Musica, Poesia

≈ 1 Commento

Tag

Anna Maria Curci, CFR edizioni, Nicola Pice, Poesia sparse e sparpagghiote, Pugliamondo, Vincenzo Mastropirro

copertina-Mastropirro

Li ho rivisti qualche giorno fa, quei viali di Ruvo di Puglia dove sono cresciute insieme, al suono delle mandorle messe ad asciugare e puntualmente ‘arate’ dai bambini messi a guardia ciascuno delle proprie (Sotte u saule estèive du Sud, in Pugliamondo) musica e poesia di Vincenzo Mastropirro. Tra qualche giorno uscirà la sua raccolta Poèsìa spàrse e sparpagghiòte, Poesia sparsa e sparpagliata (CFR edizioni). Oggi, nel giorno del compleanno di Vincenzo Mastropirro, invio anche dalle Lettere migranti il mio augurio, insieme a un’anteprima della prefazione e delle postfazione del volume. (amc)

Ogn’e iune spicce addò accummìénze.
Ognuno finisce dove comincia.

dalla prefazione di Nicola Pice

[…] È così che il testo, musicalmente misurato, suscita sensazioni e la sua poesia si leva cristallina , con i suoi pensieri e le sue proiezioni segrete, espressi con lucida ebbrezza e acuta sensibilità per i sentimenti fondamentali dell’esistenza: la malinconia dei giorni abrasi dal tempo, la consapevolezza del proprio fluire dell’esistere, l’irrisolvibile rimpianto, la stanca attesa del nulla, la lucidità di un clown che si compiace della sua ipocrisia, la nebbia dell’indistinto, lo sfarinarsi del tempo che richiama alla propria fragilità, la sottile leggerezza della quotidianità, l’eterno enigma dell’esistenza, l’inferno della vita che è più inferno di quello biblico, gli assalti della memoria, il senso della finitudine e il sogno della libertà, il volare dell’anima libera verso il sogno o l’afferrare i sogni che si inseguono senza la pretesa di fissarli sulla pagina di diario che resterà sempre bianca e vuota, lo smarrimento di sé sino ad annegare nel lago di straziata estraneità, l’anelito a non buttare mai via l’anima che va sempre rattoppata come con i calzini d’un tempo irrimediabilmente perduto […]

dalla postfazione di Anna Maria Curci

[…] Il ruvese e Ruvo sono officina, osservatorio e punto di partenza per portare lo sguardo acuto e la lingua che si oppone alla vulgata, questa sì sonnecchiante e appagata, in altri luoghi, immaginari e reali, a smascherare, a denunciare, come avviene nel componimento L’arie, che racconta di Taranto e della sua aria appestata, ‘mbracedèite, “infradiciata”. Consuetudini e figure ricorrenti nel paese – la banda, innanzitutto, la processione, i riti sociali, i tipi umani – diventano poesia, circense e teatrale, con i tratti della ‘moralità’ medievale e del dramma barocco, musicale con le arie d’opera e il suono degli strumenti a percussione e a fiato.  Vincenzo Mastropirro è musicista – il flauto è il suo strumento – e compositore. Questo dato non può, non deve essere separato dalla sua dimensione di poeta. Dal “fiato che s’accarna”, che trasforma in musica “ogni vibrazione”, prende vita una rappresentazione che tutto e tutti tocca […]

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