Sandra Luigia Rebecchi, Con mezzi propri, Nulla Die edizioni 2014
Nota di lettura di Anna Maria Curci
Mi sono spesso domandata quale relazione intercorra tra l’amore per la lettura e la sua appassionata opera di ‘contagio’ virtuoso da un lato e la vocazione pedagogica dall’altro. Scorgo legami stretti ancorché di non immediata percezione e li riassumo in termini tanto fuori moda da apparire retorici: rispetto per sé e per gli altri, curiosità, desiderio di indagare senza invadere, di accendere la luce dell’esplorazione senza far brillare la miccia dell’esplosione, fosse pure per spianare le differenze. C’è in entrambi i termini della questione (e nella sostanza ai quali questi termini si riferiscono) un ottimismo, non velato, sì, eppure accompagnato dalla chiarezza nel discernere all’interno dei dati reali – come li percepiamo, come arrivano a noi – che senz’altro smorza ogni velleità celebrativa. C’è nell’una e nell’altra molla della ricerca una disponibilità a muoversi, a camminare, a cercare conferme e ad accettare smentite, a considerare punti di vista diversi, a vedere quello che si può cambiare, ad agire di conseguenza. Non si sale su carrozze imbottite e a prova di sobbalzi, insonorizzate e impermeabili alle dissonanze, ma si persegue, talvolta optando necessariamente per più d’una scomodità, l’obiettivo dell’uso di strumenti autonomi. Autonomi sì, ma non autarchici. Per queste affinità e in ragione della complessità dei loro intrecci, delle loro conversazioni, di osmosi e contrappunti, ritengo che Con mezzi propri di Sandra Luigia Rebecchi restituisca con franchezza e partecipazione un esempio vissuto, meditato e qui narrato di dialogo continuo tra amore per la ricerca, in primis attraverso la lettura, e vocazione pedagogica. In apertura, è proprio l’autrice a sottolineare questa prossimità, scegliendo le parole e l’esperienza di Daniel Pennac, autore dallo straordinario talento narrativo, incantevole redattore del decalogo del lettore in Come un romanzo e, per sua esplicita ammissione, studente ‘salvato’ dall’emarginazione proprio in virtù del talento pedagogico di quegli insegnanti che ‘sanno guardare oltre’ catalogazioni semplicistiche ed erronee di apprendenti e apprendimenti. Continua a leggere