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Reiner Kunze, CROCE DEL SUD

16 martedì Ago 2022

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Anna Maria Curci, anniversari, croce del sud, ein tag auf dieser erde, Fischer Verlag, kreuz des südens, Poesia, Reiner Kunze, traduzioni

 

 

 

 

Oggi, 16 agosto 2022, Reiner Kunze, nato a Oelsnitz il 16 agosto 1933, compie 89 anni. Il mio omaggio alla sua poesia avviene anche quest’anno con una traduzione inedita. (Anna Maria Curci)

 

 

CROCE DEL SUD

Notti che ti lapidano

Le stelle precipitano giù
nella loro luce

Tu stai nella loro grandine

Nessuna ti colpisce

Eppure fa male,
come se tutte colpissero

 

Reiner Kunze
(traduzione di Anna Maria Curci)

 

KREUZ DES SÜDENS

Nächte, die dich steinigen
Die sterne stürzen herab
auf ihrem licht

Du stehst in ihrem hagel

Keiner trifft dich

Doch es schmerzt,
als träfen alle

 

Reiner Kunze
da: ein tag auf dieser erde, Fischer Verlag 1999: 56

Rolf Bossert, Temporale

17 giovedì Feb 2022

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Anna Maria Curci, Gewitter, Herta Müller, Herztier, Poesia, Rolf Bossert, Schöffling & Co., Temporale, traduzioni

Nel romanzo Herztier (tradotto da Margherita Carbonaro con il titolo Cuoreanimale) Herta Müller, premio Nobel per la Letteratura nel 2009, presenta il personaggio di Georg, uno degli amici dell’io narrante femminile, anche lui appartenente al gruppo degli scrittori rumeni di lingua tedesca, provenienti dalla regione del Banato. Dietro il nome di Georg si celano versi (soprattutto quelli della poesia Neuntöter – Lanius collurio, ovvero “averla piccola”) e vicende di Rolf Bossert, morto il 17 febbraio 1986 a Francoforte sul Meno, pochi mesi dopo aver ottenuto l’espatrio dalla Romania in Germania. Il corpo steso sul selciato, la finestra aperta. Le circostanze della sua morte non sono state mai chiarite. La poesia Gewitter, “Temporale”, appartiene al gruppo di poesie scritte da Bossert dopo aver fatto richiesta di espatrio, richiesta avanzata nel luglio 1984 e che gli costò una brutale aggressione con frattura della mascella, un interrogatorio della “Securitate”, i servizi segreti agli ordini di Ceauşescu e il divieto di pubblicazione delle sue opere, considerate l’espressione di un “nemico dello Stato”.
Oggi, 17 febbraio 2022, a trentasei anni dalla morte di Rolf Bossert, il mio omaggio alla sua voce e alla sua poesia avviene con questa traduzione inedita di “Gewitter”. (Anna Maria Curci)

 

Temporale

Da lì batte
giù a picco
l’ascia azzurra,
nel timpano
abbaia anche a me
teglia galattica.

Aggrappati, bambino,
alla caramella incollata:
io scrivo io piango
con te. Avanti, lontano.

Rolf Bossert
(traduzione di Anna Maria Curci)

 

Gewitter

Von dort schlägt
steil runter
die blaue Axt,
im Trommelfell
bellt auch mir
galaktisches Backblech.

Klammer dich, Kind,
ans verklebte Bonbon:
Ich schreibe ich weine
mit. Weiter, weit.

Rolf Bossert
(ora in: Rolf Bossert, Ich stehe auf den Treppen des Winds. Gesammelte Gedichte. A cura di Gerhart Csejka, Schöffling & Co. 2006, p. 230 – sezione »Wo sind wir, was wir sind« 1984-1955)

Rosa Luxemburg, nel tempo, oggi

15 martedì Gen 2019

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Anna Maria Curci, Karl Liebknecht, letture, Maxie Wander, memoria, Rosa Luxemburg, storia, traduzioni

«La libertà solo per i sostenitori del governo, solo per i membri di un partito – per quanto numerosi possano essere – non è libertà. La libertà è sempre libertà di chi pensa diversamente». (Rosa Luxemburg:”Freiheit nur für die Anhänger der Regierung, nur für die Mitglieder einer Partei – mögen sie noch so zahlreich sein – ist keine Freiheit. Freiheit ist immer Freiheit des Andersdenkenden.”)

Questo è vero, e lo è con un discreto grado di esattezza, per ciò che riguarda le debolezze della società. Di ogni società. Questa storia dell’io e del suo giocare a fare effetto – perché non è cresciuto! Questa brama cieca di fare colpo sempre e dappertutto, di pretendere lodi e di parlare sempre degli stessi successi. Solo se ci confrontiamo quotidianamente con le contraddizioni della vita le nostre forze possono crescere, la società può rimanere viva. Ed ecco qui la frase che ho trovato in Rosa Luxemburg, che porto con me e che mando a tutti i nostri amici: «Solo una vita non repressa e spumeggiante perviene a mille forme nuove, a improvvisazioni, ottiene forza creatrice, corregge da sola tutti i propri sbagli. Per questo la vita pubblica degli stati a libertà limitata è così misera, così disagiata, così schematica, così arida, perché escludendo la democrazia si preclude le fonti viventi di ogni ricchezza, di ogni progresso spirituale!»
(da: Maxie Wander, Ein Leben ist nicht genug. Tagebuchaufzeichnungen und Briefe – “Una vita non è abbastanza. Diari e lettere” – a cura e con una premessa di Fred Wander, Frankfurt 1990; la traduzione del brano è di Anna Maria Curci)

100 anni fa, il 15 gennaio 1919, Rosa Luxemburg fu rapita e, insieme a Karl Liebknecht, uccisa da ufficiali della Garde-Kavallerie-Schützen-Division. Dal carcere di Berlino nella Barnimstraße aveva scritto a Sonja Liebknecht il 5 agosto 1916: «Bleiben Sie tapfer und lassen Sie sich nicht niederdrücken», «Rimanga coraggiosa e non si faccia buttar giù». Raccolgo oggi, per tutti i giorni, l’invito di Rosa Luxemburg.

Herta Müller, Essere o non essere Ion

17 venerdì Ago 2018

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Anna Maria Curci, anniversari, Bruno Mazzoni, Herta Müller, Poesia, Poesia in due lingue, premio Nobel per la letteratura, traduzioni, Transeuropa Edizioni

Herta Müller è nata il 17 agosto 1953. Oggi, nel giorno del suo 65° compleanno, propongo la lettura del primo libro di poesie in rumeno della scrittrice alla quale fu conferito nel 2009 il premio Nobel per la letteratura. L’edizione italiana di Este sau nu este Ion (questo iil titolo originale di Essere o non essere Ion), uscita nel 2012 per Transeuropa con la traduzione di Bruno Mazzoni, presenta il testo originale a fronte. La particolarità consiste nella composizione dei testi: le parole o i gruppi di parole sono altrettanti ritagli di giornale composti in forse bizzarri, senz’altro non insipienti collage. Casualità e gusto della provocazione, gioco e progetto si alternano, nella lingua «amata e odiata, la lingua della dittatura di Ceaușescu», con la forza della parola e, insieme, la diffidenza nella composizione e nell’uso delle parole, come scriveva Herta Müller in La lingua ladra. (Anna Maria Curci)

Georg Maurer, Mattino lieto

04 giovedì Ago 2016

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Anna Maria Curci, Connewitzer Verlagsbuchhandlung, DDR, Froher Morgen, Georg Maurer, Gli anni meravigliosi, Heinz Czechowski, Ich sitz im Weltall auf einer Bank im Rosental, Lipsia, Literaturinstitut "Johannes Becher", Poesia, Poetarum Silva, Potsdam, Reghin, Sarah Kirsch, scuola sassone di poesia, traduzioni, Transilvania, Volker Braun, Wieland Herzfelde

georg-maurer-gedichte-150

45 anni fa, il 4 agosto 1971, moriva a Potsdam Georg Maurer, poeta, insegnante, traduttore. Nativo della Transilvania (Maurer era nato a Reghin l’11 marzo 1907), si era trasferito nel 1930 a Lipsia per motivi di studio. Proprio in quella città, nella quale fece ritorno dopo la guerra, divenne poi una delle figure di maggior spicco come docente al Literaturinstitut “Johannes Becher”, dove, in qualità di direttore del “seminario creativo sulla poesia”, diede un’impronta rilevante a tutta una generazione di poeti della Repubblica Democratica Tedesca e, in particolare, alla cosiddetta “sächsische Dichterschule”, “scuola sassone di poesia”; tra i poeti ‘vicini’ al sentire di Georg Maurer vanno menzionati Sarah Kirsch (che fu sua allieva proprio al Literaturinstitut di Lipsia), Volker Braun e Heinz Czechowski, Voglio ricordare Georg Maurer con le parole dell’autore ed editore Wieland Herzfelde e con la mia traduzione di Froher Morgen, “Mattino lieto”.

Anna Maria Curci, 4 agosto 2016

«Come studente, come docente e traduttore, come uno al quale piaceva perdersi in strade, corridoi, paesi e libri – e come amante non smise mai di sorprendersi e di provare meraviglia. E così con la sua opera sorprendente ci ha lasciato un mondo meraviglioso.»

Wieland Herzfelde su Georg Maurer (traduzione di A.M. Curci)

Als Student, als Lehrender und Übersetzer, als einer, der sich gern in Straßen, Fluren, Ländern und Büchern verlor – und als Liebender hörte er nie auf, zu staunen und sich zu wundern. Und so ließ er uns in seinem erstaunlichen Werk eine wunderbare Welt zurück.

Mattino lieto

Stiracchiatevi rami, sveglia!
Un uovo ho mangiato e pane bianco.
Tutto il mio corpo ride.
Gli affanni della notte sono morti.

Sono sgusciato fuori dagli affanni della notte
come un uccello da un uovo.
Ho rotto il guscio
e ora me ne vado a zonzo libero.

Ora so quello che sanno i polli
quando becchettano.
So chi salutano i corvi
quando col capo annuiscono.

Georg Maurer
(traduzione di Anna Maria Curci)

 

Froher Morgen

Streckt euch, Zweige, erwacht!
Ich habe ein Ei gegessen und weißes Brot.
Mein ganzer Leib lacht.
Die Nachtsorgen sind tot.

Ich bin aus den Nachtsorgen gekrochen
wie ein Vogel aus dem Ei.
Ich habe die Schale durchbrochen
und spaziere jetzt frei.

Ich weiß jetzt, was die Hühner wissen,
wenn sie picken.
Ich weiß, wen die Raben grüßen,
wenn sie mit dem Kopfe nicken.

Georg Maurer
(la poesia si può leggere nel volume Ich sitz im Weltall auf einer Bank im Rosental, pubblicato nel 2007, anno del centenario della nascita di Maurer, dalla Connewitzer Verlagsbuchhandlung)

Stefan Andres, Il melograno

26 domenica Giu 2016

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Anna Maria Curci, Bacchelli, Il melograno, Piper, Poesia, Stefan Andres, traduzioni

Andres_Granatapfel_Titelblatt

110 anni fa nasceva Stefan Andres, scrittore ingiustamente dimenticato e attualmente poco conosciuto in Italia, nonostante avesse scelto il nostro paese come luogo di residenza (Andres, morto a Roma il 29 giugno 1970, è sepolto nel Campo Santo Teutonico), nonostante, tra l’altro, avesse tradotto già nel 1953, Il mulino del Po di Bacchelli. Per ricordarlo, riporto qui di seguito, nella mia traduzione e nell’originale, la poesia che dà il titolo alla raccolta del 1950. (Anna Maria Curci)

Il melograno

Il melograno
Nel quale stavamo seduti,
Semi lucenti:
Si è spaccato – La crepa aperta
Nella guancia rossa
Era per molti una bocca sorridente….
Noi invece sentivamo la ferita
Del tempo d’autunno
Prima ancora che il pomo, cresciuto secondo la sua legge,
Cadesse
E rotolasse
E ci perdesse.
Uccelli ci portarono nel becco e nello stomaco
Fin nell’ignoto,
E i topi da nessuna parte,
Nei buchi dove non c’è niente

Stefan Andres
(traduzione di Anna Maria Curci)

Der Granatapfel

Der Granatapfel,
Darin wir saßen,
Schimmernde Kerne::
Er barst – Des Öffnens Spalt
In der roten Wange
War vielen ein lächelnder Mund…
Wir aber spürten die Wunde
Der herbstlichen Zeit,
Eh noch der Apfel, gewachsen nach seinem Gesetz,
Fiel
Und rollte
Und uns verlor.
Vögel trugen uns in Schnäbeln und Mägen
Ins Unbekannte,
Und Mäuse ins Nirgendwo,
In die Löcher, wo nichts ist

Stefan Andres
(da: Der Granatapfel. Oden, Gedichte, Sonette, Piper, München 1950)

Fanny Lewald, da “Italienisches Bilderbuch”

24 giovedì Mar 2016

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Album italiano, Anna Maria Curci, edizioni La Vita Felice, Fanny Lewald, George Sand, letture, Luciana Tufani editrice, Rita Calabrese, traduzioni

Fanny Lewald nel 1848

Il 24 marzo 1811, 205 anni fa, nasceva a Königsberg Fanny Lewald  (il padre, David Marcus,  commerciante ebreo, cambiò il cognome di famiglia in Lewald nel 1831). All’epoca dello Junges Deutschland (Giovane Germania), movimento letterario che si sviluppa in particolare tra il 1833 e il 1848, si comincia a scrivere di emancipazione femminile. Fanny Lewald precorre con molti suoi testi il movimento di emancipazione femminile così come lo conosciamo dai primi del Novecento. Scrittrice coraggiosa, sovente definita, con le semplificazioni sbrigative delle etichette, “la George Sand tedesca”, a lei Rita Calabrese, che ha curato l’edizione italiana del suo Italienisches Bilderbuch, Album italiano (La Vita Felice, 2015), ha dedicato un intero capitolo della bella raccolta di saggi Sconfinare. Percorsi femminili nella letteratura tedesca (Luciana Tufani editrice 2003). Fanny Lewald soggiorna in Italia per tredici mesi, dall’agosto 1845 al settembre 1846. Dal viaggio nasce appunto il libro Italienisches Bilderbuch, pubblicato nel 1847, che continua, rinnovandola profondamente, la tradizione del resoconto di viaggi. Nell’epoca di passaggio dalla Bildungsreise, viaggio di formazione, a ciò che sarebbe divenuto il turismo di massa, Fanny Lewald imprime al suo resoconto del viaggio in Italia un valore di “testimonianza del tempo”. Lo sguardo è attento sui luoghi visitati, sulle persone e le culture ‘altre’ incontrate. Lo spirito di osservazione, finissimo, si affianca così alla manifestazione di una lucida visione del mondo. Questo avviene anche nel breve brano riportato qui di seguito. Tratto da Italienisches Bilderbuch, introduce il resoconto relativo alla “Grotta di Egeria” a Roma. Potete leggerlo qui nella mia traduzione e nell’originale in tedesco. (Anna Maria Curci)

Ai nostri giorni si parla sempre dello sviluppo progressivo dell’idea pura di genere umano e di spirito umanitario, di giusto apprezzamento di ciò che è buono e nobile! Eppure a me sembra che per molti versi non siamo andati particolarmente avanti e che gli antichi nel loro umanesimo pagano fossero spesso molto più miti e molto più giusti di noi. (Fanny Lewald, traduzione di Anna Maria Curci)

Man spricht immer von der fortschreitenden Entwicklung der reinen Idee der Menschheit und Menschlichkeit in unseren Tagen, von gerechter Würdigung des Guten und Edlen! Mich dünkt jedoch, daß wir in vielen Beziehungen nicht sonderlich weitergekommen sind und daß die Alten in ihrem heidnischen Humanismus oft viel milder und viel gerechter waren als wir. (Fanny Lewald, da: Italienisches Bilderbuch)

Franz Marc, a 100 anni dalla morte

04 venerdì Mar 2016

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Anna Maria Curci, Bibbia, Blauer Reiter, centenario, Else Lasker-Schüler, Franz Marc, Grande Guerra, Talmud, traduzioni, Verdun

Marc_Zitronenpferd

Franz Marc, Cavallo limone e bue di fuoco del principe Jussuf. China, acquerello, inchiostro da stampa. Cartolina a Else Lasker-Schüler del 9 marzo 1913.

100 anni fa, il 4 marzo 1916, moriva a Verdun, sul fronte occidentale, Franz Marc. Voglio ricordarlo con qualche riga tratta dal carteggio con Else Lasker-Schüler. Un libro a me tra i più cari, che possiedo nell’originale in lingua tedesca. La traduzione italiana, del 1991, è attualmente pressoché introvabile.

Negli anni tra il 1912 e il 1914, l’artista Else Lasker-Schüler, poetessa e autrice di originali disegni, e il pittore Franz Marc, tra i fondatori del Blauer Reiter, ebbero una corrispondenza che si caratterizza per il continuo ricorso a due linguaggi diversi: quello verbale e quello figurativo. C’è un gioco di rimandi a personaggi storici, mitologici e biblici nella corrispondenza, cartoline, lettere e biglietti corredati di illustrazioni originali del pittore e della poetessa.  “Jussuf Prinz von Theben”, Jussuf principe di Tebe, si firmava Else Lasker-Schüler nelle lettere e nelle cartoline inviate a Franz Marc (“mein lieber wundervoller blauer Reiter”, “mio caro prodigioso cavaliere azzurro”, lo chiamava) e alla moglie di lui, Maria. Ne L’arte della fuga Angelo Maria Ripellino scrive, a proposito delle cartoline illustrate che Marc invia a Lasker-Schüler: «quadretti con raffigurazioni di animali, resi con pura forma ritmica, compenetrazione di colori e incantata, tenera, poesia.»

Ecco quello che scrivono Franz e Maria Marc il 9 marzo 1913 a Else Lasker-Schüler:

Zitronenpferd und Feuerochse des Prinzen Jussuff [sic!]

M.

[Sindelsdorf, 9. März 1913, Sonntag.]

Lieber guter Prinz, Es war lieb von Dir, unsrer Mutter zu schreiben, sie hat sich sehr gefreut.

In unser Schlafzimmern flimmern so viel Sterne herein, daß wir kein Sternennachtlichtlein anzuzünden brauchen, so sind wir die Glücklicheren! Wir freuen uns auf die Märzbriefe, wir haben sie uns schon bestellt. Einen Kuß von Deinen blauen Kindern.

Aus: Else Lasker-Schüler – Franz Marc, Mein lieber wundervoller blauer Reiter. Privater Briefwechsel, Artemis & Winkler 1998, 56

Cavallo limone e bue di fuoco del principe Jussuff [sic!]

M.

[Sindelsdorf, 9 marzo 1913, domenica.]

Caro buon principe, è stato carino da parte tua scrivere a nostra madre; se ne è rallegrata molto.

Nella nostra camera entrano, pulsando,  così tante stelle, che non abbiamo più bisogno di accendere lumini da notte stella, così siamo noi, se vogliamo metterci a paragone, quelli più felici! Non vediamo l’ora di ricevere le lettere di marzo, ce le siamo già prenotate. Un bacio dai tuoi bambini azzurri.

(traduzione di Anna Maria Curci)

Quando morì Franz Marc, Else Lasker-Schüler scrisse queste parole:

Der blaue Reiter ist gefallen, ein Großbiblischer, an dem der Duft Edens hing. Über die Landschaft warf er einen blauen Schatten. Er war der, welcher die Tiere noch reden hörte; und er verklärte ihre unverstandenen Seelen.
Immer erinnerte mich der blaue Reiter aus dem Kriege daran: es genügt nicht alleine, zu den Menschen gütig zu sein, und was du namentlich an den Pferden, da sie unbeschreiblich auf dem Schlachtfeld leiden müssen, Gutes tust, tust du mir.

Er ist gefallen. Seinen Riesenkörper tragen große Engel zu Gott, der hält seine blaue Seele, eine leuchtende Fahne, in seiner Hand. Ich denke an eine Geschichte im Talmud, die mir ein Priester erzählte: wie Gott mit den Menschen vor dem zerstörten Tempel stand und weinte. Denn wo der blaue Reiter ging, schenkte er Himmel. So viele Vögel fliegen durch die Nacht, sie können noch Wind und Atem spielen, aber wir wissen nichts mehr hier unten davon, wir können uns nur noch zerhacken oder gleichgültig aneinander vorbeigehen.

In dieser Nüchternheit erhebt sich drohend eine unermeßliche Blutmühle, und wir Völker alle werden bald zermahlen sein. Schreiten immerfort über wartende Erde. Der blaue Reiter ist angelangt; er war noch zu jung zu sterben.
Nie sah ich irgendeinen Maler gotternster und sanfter malen wie ihn. »Zitronenochsen« und »Feuerbüffel« nannte er seine Tiere, und auf seiner Schläfe ging ein Stern auf.
Aber auch die Tiere der Wildnis begannen pflanzlich zu werden in seiner tropischen Hand. Tigerinnen verzauberte er zu Anemonen, Leoparden legte er das Geschmeide der Levkoje um; er sprach vom reinen Totschlag, wenn auf seinem Bild sich der Panther die Gazell vom Fels holte.
Er fühlte wie der junge Erzvater in der Bibelzeit, ein herrlicher Jakob er, der Fürst von Kana. Um seine Schultern schlug er wild das Dickicht; sein schönes Angesicht spiegelte er im Quell und sein Wunderherz trug er oftmals in Fell gehüllt, wie ein schlafendes Knäblein heim, über die Wiesen, wenn es müde war.

Das war alles vor dem Krieg.

Il cavaliere azzurro è caduto, una grande figura biblica, sulla quale aleggiava il profumo dell’Eden. Proiettava sul paesaggio un’ombra azzurra.  Era lui ad essere ancora capace di sentir parlare gli animali; ed era lui a trasfigurare le loro anime non comprese.
Il cavaliere azzurro me lo ricordava sempre dal fronte di guerra: non basta essere benevoli solo con le persone; ciò che infatti fai di buono ai cavalli, lo fai a me, ché essi sono costretti a soffrire indicibilmente sul campo di battaglia.

Egli è caduto. Angeli grandi portano il suo corpo gigantesco a Dio, che tiene nella mano la sua anima azzurra, una bandiera luminosa. Penso a una storia che si trova nel Talmud e che mi fu raccontata da un sacerdote: narra di come Dio stesse in piedi, insieme alle persone, dinanzi al tempio distrutto, e piangesse. Là dove si recava il cavaliere azzurro, donava cielo. Così tanti uccelli volano attraverso la notte, sanno ancora giocare a vento e respiro, ma noi quaggiù non ne sappiamo più niente, sappiamo soltanto farci a pezzi l’uno con l’altro oppure passare l’uno accanto all’altro con indifferenza.

In questa sobrietà si erge minacciosa una smisurata macina di sangue, e presto noi popoli saremo triturati. Continuiamo a procedere sulla terra in attesa. Il cavaliere azzurro è arrivato; era troppo giovane per morire.
Non ho mai visto un pittore dipingere in maniera più divinamente seria e mite di lui: «buoi limone» e «bufali di fuoco» chiamava i suoi animali, e sulla sua tempia si accendeva una stella.
Ma anche gli animali dei luoghi selvaggi cominciarono a farsi piante nella sua mano tropicale. Col suo incantesimo le tigri diventavano anemoni, attorno al collo dei leopardi avvolgeva il monile delle violacciocche; parlava di puro colpo mortale, ogni qualvolta sul suo quadro la pantera andava a prendersi la gazzella dalla roccia.
Aveva gli stessi sentimenti del giovane patriarca biblico, lui, un magnifico Giacobbe, il principe di Cana. Si caricava sulle spalle la boscaglia fitta; specchiava nella sorgente il suo bel volto e quando era stanco portava spesso per i prati, avvolto in pelli, il suo cuore prodigioso, così come si porta a casa un fanciullino dormiente.

Tutto questo fu prima della guerra.

Else Lasker-Schüler

(traduzione di Anna Maria Curci)

Heinz Piontek, da: Romanze del commiato

15 domenica Nov 2015

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Anna Maria Curci, commiato, Heinz Piontek, Poesia, traduzioni

Heinz Piontek, Autoritratto (1998)

Heinz Piontek, Autoritratto (1998)

Ho scelto questo, tra i componimenti che Heinz Piontek (1925-2003), definì “Romanzen vom Abschied”, romanze del commiato, per ricordare lo scrittore tedesco a 90 anni dalla sua nascita.

L’ocarina del commiato
suona a me l’autunno allegro,
colori di zafferano e sangue secco –

ahimè, col fumo dei falò dopo il raccolto di patate
scorre il tempo di chimera
dietro, su per il pendio.

Quello che mi fu prestato:
intermittenze di luce alle pareti,
comprensione per parecchie cose vane,
un bagliore del fogliame avvertito più profondo –
all’inesperibile io rendo.

per  Hans Egon Holthusen

 

Okarina des Abschieds
bläst mir der heitere Herbst,
Farben von Safran und getrocknetem Blut –

ach mit dem Rauch der Kartoffelfeuer
zieht die chimärische Dauer
hinter die Steigung des Hangs.

Was mir geliehen wurde:
wechselndes Licht an den Wänden,
Verständnis für manche Vergeblichkeit,
ein tiefer gespürter Schimmer des Laubs –
dem Unerfahrbaren geb ich’s zurück.

für Hans Egon Holthusen

Heinz Piontek*

(traduzione di Anna Maria Curci)

*Ich höre mich tief in das Lautlose in. Frühe Lyrik und Prosa. Herausgegeben von Anton Hirner und Hartwig Wiedow. Berlin / Schmalkalden 2011. S. 62.

 

Johannes Bobrowski, Il viandante

02 mercoledì Set 2015

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Anna Maria Curci, Davide Racca, Johannes Bobrowski, Poesia, Roberto Fertonani, traduzioni

Bobrowski_Schattenland

 

Der Wanderer 

Abends,
der Strom ertönt,
der schwere Atem der Wälder,
Himmel, beflogen
von schreienden Vögeln, Küsten
der Finsternis, alt,
darüber die Feuer der Sterne.

Menschlich hab ich gelebt,
zu zählen vergessen die Tore,
die offenen. An die verschlossnen
hab ich gepocht.
Jedes Tor ist offen.
Der Rufer steht mit gebreitenen
Armen. So tritt an den Tisch.
Rede: die Wälder tönen,
den eratmenden Strom
durchfliegen die Fische, der Himmel
zittert von Feuern.

Il viandante

Di sera,
risuona il torrente,
il respiro pesante dei boschi,
cielo, solcato in volo
da uccelli urlanti, lidi
delle tenebre, antichi,
su questi il fuoco delle stelle.

Da essere umano ho vissuto,
le porte ho dimenticato di contare,
quelle aperte. A quelle sbarrate
ho bussato.
Ogni porta è aperta.
Chi chiama sta a braccia
distese. Quindi accostati alla tavola.
Parla: i boschi risuonano,
i pesci attraversano in volo
il torrente che respira, il cielo
trema di fuochi.

Johannes Bobrowski, dalla raccolta Schattenland, Ströme (1962)
(traduzione di Anna Maria Curci)

Paesaggio amato, quello della natia Prussia orientale e dimensione umana – quasi un bilancio scritto dall’autore allora quarantacinquenne – richiamano l’uno l’altra in questa poesia di Bobrowski, che sceglie un tema caro ai Romantici tedeschi e lo declina con le parole, le presenze, i versi e i ritmi che caratterizzano la sua produzione lirica. Oggi, 2 settembre 2015, a cinquant’anni dalla sua morte avvenuta a Berlino (allora Berlino Est, nel quartiere di Friedrichshagen), la mia traduzione è un piccolo omaggio a un poeta che merita di essere letto e tradotto. Le traduzioni in volume apparse in Italia sono di Roberto Fertonani (1969) e di Davide Racca (2013).

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