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Paolo Alberto Valenti, Tutto il fuoco del mondo, ed. Armando Armando 2014

Nota di lettura di Anna Maria Curci

 

Inizio il percorso in questo libro di Paolo Valenti con alcune domande: Che cosa è “tutto il fuoco del mondo”? Quali riferimenti porta con sé il titolo? In  quale categoria è possibile, se è possibile, inserire il testo? Sono necessarie, a mio avviso, alcune annotazioni preliminari, sotto forma di risposte ai quesiti sopra indicati. Poiché chi legge viene a sapere che il teatro delle riflessioni dell’autore è l’Afghanistan, l’aspettativa circa lo scenario di guerra, e guerra pluriennale, è ampiamente giustificata. Ma non si tratta, sebbene qualcuno possa prendere a pretesto il grado di maggiore che ha Paolo Valenti nell’esercito italiano per poter lanciare immediatamente un primo segnale di allerta, di una difesa del sacro fuoco della patria a suon di armi, pur impegnate in azioni di vigilanza. Molto più che un racconto di guerra, Tutto il fuoco del mondo è testimonianza dal fronte complesso di un conflitto che resiste, si trascina e scava morte, da decenni e la cui persistenza rappresenta un atto di accusa permanente – che lo si voglia ignorare o no, c’è – per l’occidente come per l’oriente, e, ancor più, per le colpe colonizzatrici dell’occidente. Il tricolore italiano che appare anche nell’immagine di copertina non è dunque, un vessillo sbandierato a mo’ di slogan, ma un bene prezioso – e spesso, come emerge in maniera netta dalle riflessioni di Paolo Valenti, frainteso e abusato, oltre che minacciato –  che riunisce passato, presente e futuro. Lo slancio verso il futuro, in termini di umanità profonda e progettualità rispettosa dell’umanità, viene espresso in maniera programmatica nella dedica iniziale: «… dedicato all’Italia e all’Europa che verranno». Il presente è quello della vita professionale e privata, delle passioni, degli impegni e della scelta etica di chi scrive, lati questi inscindibili l’uno dall’altro. Il passato è, innanzitutto, quello rappresentato dalla dedizione (ignis in corde), dall’amore e dal rispetto mostrati nei confronti di altre vite umane dal nonno materno, il generale Francesco Paolo Ronco, al centro di azioni compiute con quell’eroismo nascosto e quotidiano, inattuale e difficile da attuare che è lo spirito di servizio.  Francesco Paolo Ronco, padre della madre di Paolo Valenti, la scrittrice Maria Luigia Ronco Valenti, non è solo,  nel ricordo commosso e mosso dalla volontà di far conoscere che anima l’autore, ma si trova in compagnia di altri italiani, donne e uomini ‘di ricerca e azione’ che animano la speranza, che nonostante tutto non viene meno,  nell’Italia che verrà. Due di essi occupano, e meritano un posto speciale nella memoria: sono Onorina Santilli e Lorenzo Tomatis, entrambi esempi di quell’inattuale e grande spirito di servizio, entrambi italiani morti a Lione. Niente di più lontano dal nazionalismo aggressivo, dunque, ma coscienza nazionale che non può essere mai separata dalla coscienza civile, dalla coscienza tout court e dalla volontà ferma di “restare umano”.

I dieci capitoli che compongono il libro – seguiti da una nota sull’Esercito Italiano in Afghanistan e dalla poesia Ali silenziose, che Maria Luigia Ronco Valenti dedicò al padre – ampliano lo spettro degli argomenti e le loro partiture, con un andamento molto vasto:  dalle annotazioni affettive, quasi intime, al vero e proprio reportage dall’area del conflitto, un reportage che si nutre del lavoro di ricerca storica di Valenti, da molto tempo, per scelta professionale, impegnato nel settore giornalistico (è journalist/producer della televisione europea Euronews a Lione). Possiamo dunque leggere il libro individuando ogni tematica, ogni filone, per così dire in verticale: la cronaca, la storia, la testimonianza, la memoria collettiva e quella nazionale, il viaggio dentro e fuori di sé, le tappe di un personale romanzo di formazione attraverso le esperienze di vita, gli incontri e, ultime solo per menzione, ma non certo per importanza, le letture, anch’esse caratterizzate dalla pluralità di accenti e apporti: accanto a The World is a Carpet. Four Seasons in a Afghan Village di Anna Bakhden, a La rielezione di Tomatis, la grande letteratura: Shakespeare, Cervantes, Borges e, fin dall’epigrafe, Caproni. Possiamo altresì leggerlo come una rete fitta, solida e nutrita di affetti, analisi lucide, disamine critiche e passioni. Quale che sia la chiave di lettura scelta, è certo che riconosceremo in Tutto il fuoco del mondo amore per la verità e dedizione come la forma più alta di rispetto per gli altri.

© Anna Maria Curci

Paolo Alberto Valenti è dal 1995 giornalista/producer della televisione europea Euronews a Lione. Ha scritto per alcune delle maggiori testate quotidiane e periodiche italiane, elvetiche e latinoamericane. Nel 2006 ha vinto il Riconoscimento Speciale della Giuria della 41^ edizione dei premi Saint Vincent di giornalismo, in qualità di fondatore dell’associazione ClubMediaItalie. Dal 2010 fa parte della Riserva Selezionata dell’Esercito Italiano.