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Giovanni Nadiani, aNmarcurd

28 giovedì Lug 2016

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Tag

Alberto Bertani, Anna Maria Curci, dialetto, dialetto romagnolo, Gianfranco Fabbri, Giovanni Nadiani, L'altra lingua, L'Arcolaio, Lorenzo Mari, Premio Ischitella-Pietro Giannone, Reda di Faenza, Thomas Bernhard, Vincenzo Luciani

Anmarcurd

Quando Vincenzo Luciani mi comunicò i nomi dei vincitori del premio Ischitella – Pietro Giannone 2015, la mia attenzione fu immediatamente catturata dai testi di Giovanni Nadiani, che con la sua raccolta aveva ottenuto il terzo posto. Sono testi di straordinaria ricchezza espressiva, nei quali il dialetto si apre a ventaglio ad accogliere una pluralità di lingue, timbri musicali e riferimenti letterari. Come un solenne “autoschiaffo” (la definizione è tratta da un’intervista che rilasciò Thomas Bernhard) gli elementi (auto)ironici si combinano per creare solida scrittura, autentica poesia. Apprendo oggi, con tristezza e rimpianto,  la tristezza di una perdita, il rimpianto di non averlo mai conosciuto di persona, della morte di Giovanni Nadiani. Dalla raccolta Anmarcord di Giovanni Nadiani, scritta nel dialetto romagnolo di Reda di Faenza, raccolta terza classificata al Premio Ischitella – Pietro Giannone 2015 e che è stata pubblicata da Gianfranco Fabbri per la collana “L’altra lingua” della casa editrice L’arcolaio, riporto qui, mio commosso omaggio a Giovanni Nadiani, grande poeta, grande traduttore,  la poesia che un anno fa scelsi di tradurre in tedesco, aNmarcurd (Non mi ricordo).

Anna Maria Curci per Giovanni Nadiani, 28 luglio 2016

ANMARCURD [ICH ERINNERE MICH NICHT]
Heutzutage in der Welt
benutzen die Spezialisten
um den doofen zerstreuten
Alten zu helfen
(sind sie aber alt, wer weiß das?),
die sich an nichts mehr erinnern,
die an Alzheimer leiden,
Mozart- Casadei- Verdi-Musik,
aber auch Geschichten
Gedichte
um zu sehen, ob die Alten
beim Hören jener Worte
fähig sind sich an etwas zu erinnern
von ihrer Welt von ihrer Geschichte….

diese neue ultimative Therapie
nennt man Alzpoetry

gern möchte ich wissen,
was die an Alzpoetry leidenden Ärzte
für uns benutzen werden,
wie sie es schaffen werden, das zu benutzen,
was wir geschrieben haben,
da keiner nun mehr
fähig ist diese gezwungenermaßen
von allen vergessene Sprache
zu sprechen zu lesen…

es wird nur
die leere Stille
unseres Kopfes geben
und  —————————————– uns
————————————————unterwegs
in

jenem
Nebelnebelnebelnebelnebennebelnebeeeeel
aus ze
————r
s
————t
ö
————r
t
———–e
n
w
—–o
——–-r
———--t
————-e
—n

aNmarcurd – incù a e’ mond / pr aiuter i vec / (èj pu di vec chi ch’al sa?) / insimunì insabé / ch’i n s arcorda piò gnint / ch’i à l’alzheimer / i specialesta i adrova / dla musica Mozart Casadei Verdi / mo nench di fet dal puisì / pr avder se i vec / sintend cal paroli / i è bon d’arcurdes quaiquel / de’ su mond dla su storia… / ’sta terapia ultimativa / i la ciama Alzpoetry / a voj propi savé me / quel ch’i adruvarà par nó / i dutur malé d’alzpoetry / cum ch’i farà a druver / quel ch’a j aven scret nó / che za ades inson / l’è piò bon d’scorr / d’lezr sta lengua / dsmingheda par forza / da tot… / u i sra sol / e’ zet vut / dla nöstra tësta / e nó / a vajon / in / cla / nèbianèbianèbiabiancanèbianèbianèbianèbiaaaaaa / d’pa / r / o / l / i / s / f / a / t / i

ANMARCURD [NON MI RICORDO] – oggi al mondo / per aiutare i vecchi / (ma sono vecchi chi lo sa?) / scimuniti distratti / che non si ricordano / più niente /con l’alzheimer / gli specialisti usano / la musica di Mozart Casadei Verdi / ma pure storie / poesie / per vedere se i vecchi / sentendo quelle parole / sono capaci di ricordarsi qualcosa / del loro mondo della loro storia… // chiamano questa terapia / ultimativa Alzpoetry // voglio proprio sapere io / cosa useranno per noi / i dottori malati d’alzpoetry / come faranno a usare / ciò che abbiamo scritto noi / che già ora nessuno / è più capace di parlare / di leggere questa lingua / dimenticata per forza / da tutti… // ci sarà / soltanto / il silenzio vuoto / della nostra testa / e noi / a zonzo /in / quella / nebbianebbianebbiabiancanebbianebbianebbiaaaaa/ di pa / r / o / l/ e / s / f / a / t t / e

 

Giovanni Nadiani, ANmarcurd. Prefazione di Alberto Bertani. Volume n. 6 della collana “L’altra lingua”, diretta da Lorenzo Mari. L’arcolaio 2015

Thomas Bernhard, 25 anni dopo

12 mercoledì Feb 2014

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Tag

Aldo Giorgio Gargani, Anna Maria Curci, Auf der Erde und in der Hölle, Il pensiero raccontato, Korrektur, Poesia, Poetarum Silva, Selbstwatschen, Thomas Bernhard, traduzione

Soliman rovescio
La scrittura è uno schiaffo
che sonoro ci inchioda
solenne rifiliamo
ad altri e a noi stessi.

Surroga d’omicidio
rinfranca e rintrona se
è lastra che denuda
mai pozza a rimirarsi.

Anna Maria Curci
24 luglio 2010

25 anni fa, il 12 febbraio 1989, moriva Thomas Bernhard. Nell’intervista del 1978 a Krista Fleischmann, riproposta in apertura, Bernhard definiva la scrittura come “Selbstwatschen”, “autoceffone”, un sonoro manrovescio, esercizio quotidiano di pensiero e di linguaggio che ricorda a chi scrive che non gli è dato conoscere “den richtigen Zeitpunkt”, il momento esatto in cui oltrepassiamo il limite tra dicibile e indicibile:  ‹Un giorno, in un solo istante, sfondiamo il limite estremo. […] Noi conosciamo il metodo, ma l’istante temporale non lo conosciamo. » (Thomas Bernhard, Korrektur; brano riportato da Aldo Giorgio Gargani nel volume Il pensiero raccontato, Laterza 1995, p. 62). Sempre nell’intervista a Krista Fleischmann, Thomas Bernhard: «Mir wurde der Tod in die Wiege gelegt, er verfolgt mich halt» (La morte mi è stata messa nella culla, mi perseguita, tutto qui).

Ripropongo qui, su Lettere migranti, un contributo apparso precedentemente – per la precisione il 30 agosto 2013, su Poetarum Silva, qui:

La prima raccolta di poesie di Thomas Bernhard, Auf der Erde und in der Hölle (Sulla terra e all’inferno) fu pubblicata nel 1957.  Alcune liriche vengono proposte qui nell’originale in tedesco e nella mia traduzione. Nel percorrere questi versi non sfuggiranno certamente le suggestioni che derivano dalla lettura della poesia di Georg Trakl. (Anna Maria Curci)

Der Tag der Gesichter

Morgen ist der Tag der Gesichter. Sie werden
sich erheben wie Staub
und in Gelächter ausbrechen.
Morgen ist der Tag der Gesichter, die in
die Kartoffelerde gefallen sind. Ich kann
nicht leugnen, daß ich
an diesem Sterben der Triebe schuldig bin.
Ich bin schuldig!
Morgen ist der Tag der Gesichter, die meine Qual
auf der Stirn tragen,
die mein Tagwerk besitzen.
Morgen ist der Tag der Gesichter, die wie Fleisch
auf der Kirchhosfmauer tanzen
und mir die Hölle zeigen.
Warum muß ich die Hölle sehen? Gibt es keinen anderen Weg
zu Gott?
Eine Stimme: Es gibt keinen anderen Weg! Und dieser Weg
führt uber den Tag der Gesichter,
er führt durch die Hölle.

Il giorno dei volti

Domani è il giorno dei volti. Si
solleveranno come polvere
e scoppieranno a ridere.
Domani è il giorno dei volti, caduti
nella terra delle patate. Non posso
negare di essere
colpevole di questa morte delle pulsioni.
Sono colpevole!
Domani è il giorno dei volti, che portano
il mio tormento sulla fronte,
che possiedono il mio lavoro quotidiano.
Domani è il giorno dei volti, che ballano
come carne sul muro del cimitero
e mi mostrano l’inferno.
Perché devo vedere l’inferno? Non c’è altra via
a Dio?
Una voce: Non c’è un’altra via! E questa via
passa per il giorno dei volti,
passa per l’inferno.

Thomas Bernhard
(Traduzione di Anna Maria Curci)

Ich weiß, daß in den Büschen die Seelen sind

Ich weiß, daß in den Büschen die Seelen sind
von meinen Vätern,
im Korn
ist der Schmerz meines Vaters
und im großen schwarzen Wald.
Ich weiß, daß ihre Leben, die ausgelöscht sind
vor unseren Augen,
in den Ähren eine Zuflucht haben,
in der blauen Stirn des Junihimmels.
Ich weiß, daß die Toten
die Bäume sind und die Winde,
das Moos und’die Nacht,
die ihre Schatten
auf meinen Grabhügel legt.

So che nei cespugli ci sono le anime

So che nei cespugli ci sono le anime
dei miei padri
nel grano
c’è il dolore di mio padre
e nel grande bosco nero.
So che le loro vite, che sono estinte
ai nostri occhi,
hanno un rifugio nelle spighe
nella fronte azzurra del cielo di giugno.
So che i morti
sono gli alberi e i venti,
il muschio e la notte
che le sue ombre
posa sul mio tumulo.

Thomas Bernhard
(Traduzione di Anna Maria Curci)

In einen Teppich aus Wasser

In einen Teppich aus Wasser
sticke ich meine Tage,
meine Götter und meine Krankheiten.
In einen Teppich aus Grün
sticke ich meine roten Leiden,
meine blauen Morgen,
meine gelben Dörfer und Honigbrote.
In einen Teppich aus Erde
sticke ich meine Vergängnis.
Ich sticke meine Nacht hinein
und meinen Hunger,
meine Trauer
und das Kriegsschiff meiner Verzweiflungen,
das hinübergleitet in tausend Gewässer,
in die Gewässer der Unruhe,
in die Gewässer der Unsterblichkeit.

In un tappeto d’acqua

In un tappeto d’acqua
ricamo i miei giorni,
i miei dei e i miei malanni.
In un tappeto di verde
ricamo i miei dolori rossi,
i miei mattini azzurri,
i miei borghi in giallo e le mie fette di pane e miele.
In un tappeto di terra
ricamo la mia caducità.
Ci ricamo dentro la mia notte
e la mia fame,
il mio cordoglio
e la nave da guerra delle mie afflizioni
che scivola in mille acque,
nelle acque dell’inquietudine,
nelle acque dell’immortalità.

Thomas Bernhard
(Traduzione di Anna Maria Curci)

Vor dem Dorf

Die Gesichter, die aus dem Feld tauchen, fragen
mich nach der Rückkunft.
Mein Schrei stört nicht die Schwalbe,
die auf dem zerbrochenen Ast hockt. Finster
ist meine Seele, die der Wind treibt
ans Meer, zu riechen das Salz der Erde.
Meine Legende ist sterblich.
Unter dem Baum, der meinem Bruder ähnlich ist,
zähl ich die Sterne der Schiffer.

Davanti al borgo

I volti che emergono dal campo mi chiedono
del ritorno.
Il mio grido non  turba la rondine
acquattata sul ramo spezzato. Cupa
è la mia anima, che il vento spinge
al mare, a fiutare il sale della terra.
La mia leggenda è mortale.
Sotto l’albero, che assomiglia a mio fratello,
conto gli astri dei barcaioli.

Thomas Bernhard
(Traduzione di Anna Maria Curci)

Im Garten der Mutter

Im Garten der Mutter
sammelt mein Rechen die Sterne,
die herabgefallen sind, während ich fort war.
Die Nacht ist warm und meine Glieder
strömen die grüne Herkunft aus,
Blumen und Blätter,
den Amselruf und das Klatschen des Webstuhls.
Im Garten der Mutter
trete ich barfuß auf die Schlangenköpfe,
die durch das rostige Tor hereinschaun
mit feurigen Zungen.

Nel giardino della madre

Nel giardino della madre
il mio rastrello ammucchia gli astri
caduti mentre ero via.
Calda è la notte, e le mie membra
sprigionano l’origine verde,
fiori e foglie,
il grido del merlo e il battito del telaio.
Nel giardino della madre
schiaccio a piedi nudi le teste dei serpenti
che fanno capolino dal cancello arrugginito
con lingue di fuoco.

Thomas Bernhard
(Traduzione di Anna Maria Curci)

Vierkantenhof_Bernhard

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