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Anna Maria Curci, Le campane di Sherborn, Lettere migranti, Michele Barile, migrazione, recensioni, romanzi, storia, Ventisei Lettere edizioni
Le campane di Sherborn di Michele Barile è un libro limpido e pieno di partecipazione, articolato in maniera convincente, con il manoscritto incastonato tra il prologo e le considerazioni conclusive, che a loro volta costituiscono un ulteriore impegno a serbare memoria e a seguire un modello di amore e profondo rispetto per il creato e le creature. Le due vicende narrate nel manoscritto sono rese in maniera vivida e realistica. Inserite in un contesto storico – quello degli anni del fascismo e dell’immediato dopoguerra – ricostruito con attenzione alla verità dei fatti, coinvolgono e appassionano chi legge e rappresentano allo stesso tempo testimonianza e tributo significativi al paese d’origine dell’autore, Ginestra degli Schiavoni, alla sua storia, quasi emblematica per molti paesi del Meridione. È una storia di povertà, di soprusi e di dolorosi distacchi, tra poteri locali e vicende migratorie. È una storia, allo stesso tempo, di riscatto, di etica del lavoro e di profondo rispetto per l’umanità. (Anna Maria Curci)
La campane di Sherborn (Ventisei Lettere edizioni, 2014) di Michele Barile sarà presentato oggi, 31 gennaio 2015, nella sede dell’UCAI, Galleria La Pigna, Via della Pigna 13/A, Roma. Appuntamento alle ore 16.30.
Un estratto dal romanzo:
Ma Guido era sempre molto sospettoso nei suoi confronti. Avrebbe voluto entrare nei suoi pensieri per dominarla. Erano soli in quella stanza. La madre di lei giaceva nel letto al piano superiore dell’abitazione. Il camino era ancora acceso e i ceppi scoppiettavano nervosi. L’aria diventò fin troppo calda per il fisico esile di Filomena mentre fuori il gelo aveva imbiancato gli alberi e i tetti delle case. Persino il campanile non risuonava più per il freddo. Improvvisamente Guido le mise una mano sulla bocca per non farla urlare e la spinse a terra. I due corpi caddero violentemente. Filomena, come aveva tentato di fare tante altre volte, cominciò a dimenarsi e a contorcersi sotto il fisico possente di quell’uomo, che aveva iniziato a schiaffeggiarla con dei colpi implacabili. Questa volta lei rinunciò alla resistenza e perse i sensi. Dopo la violenza, Guido si alzò sudato e stanco, mentre si aggiustava i vestiti, il suo sguardo incrociò quello della madre della giovane donna che intanto era riuscita ad alzarsi dal letto e, terrorizzata da ciò che aveva visto, era rimasta completamente senza parola. Lo sguardo smarrito di Guido la fissò per un istante. Poi si morse le labbra e, sbattendo la porta, corse via nel freddo gelido della notte.