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Antonietta Tiberia, Macabor, Marzia Alunni, Poesia, Preghiera in gennaio, recensione, Rosaria Di Donato
Rosaria Di Donato, Preghiera in gennaio, Macabor Editore 2021
Sull’onda di un verseggiare ben ritmato, Rosaria Di Donato ha scritto la sua nuova raccolta di poesie: 36 liriche, alcune molto brevi, altre di poche decine di versi sciolti, divisi in strofe di varia estensione, che esprimono verità profonde e invitano alla riflessione sulla vita; quasi una meditazione sulla Morte, sul Tempo e sul nostro effimero. Poche ma intense pagine, nelle quali l’autrice ci fa intravedere la parte più intima della sua anima. Uno sguardo attento al tempo interiore. Circola in questa raccolta una segreta, misurata armonia, quasi che l’autrice, pudica, volesse far intendere oltre i brevi versi, sempre limpidi e salmodianti, l’essenza e la purezza del sentimento.
Marzia Alunni nella sua prefazione, che denota compartecipazione ed entusiasmo per le sensazioni e i sentimenti sprigionati da questa poesia e per le emozioni che essa può suscitare nel lettore attento, capace di discernere tra un verseggiare comune e uno ben qualificato, scrive: «Non c’è fede in Dio senza testimonianza. Chi parla di Lui è stato scelto, anche se non ne è consapevole».
Se l’elemento centrale della poesia, in un momento complesso e convulso come questo, deve tornare a essere quello dell’intensa riflessione e profondità del messaggio, non si può dunque non rimanere colpiti dal lavoro di Rosaria Di Donato, che fa di questi due aspetti il cardine del proprio percorso poetico. I moti dell’animo riposano, come la quiete dopo la tempesta, nella riscoperta della luce della verità, che vive negli occhi di coloro che hanno il coraggio di cercarla e di esprimerla.
Da donna del suo tempo nel suo tempo, la poeta cerca se stessa nella musica dei versi, con queste poesie che si stagliano come preghiere, come celebrazione di tutto quello che non può ricevere risposta. Accosta i versi uno all’altro per dare quel senso di commozione; va alla ricerca di piccole sfumature per trarne una sensazione di pace interiore, adottando un lessico che si distingue per la sua pregnanza semantica, cioè per la sua capacità di oggettiva definizione della realtà interiore: versi essenziali e ruvidi, brevi, affilati, ripuliti da ogni orpello, che mirano all’essenza delle cose, riducendo tutto all’osso, al nocciolo duro che non si può comprimere.
Nella maggior parte delle composizioni sono presenti una forte percezione del continuo divenire di tutte le cose e la consapevolezza della fragilità della vita; inoltre, in svariate, l’intensità dell’inquietudine esistenziale non riesce a essere mascherata e coinvolge nel suo vortice anche l’emotività del lettore.
Questa raccolta, riuscita, si presenta come una compiuta espressione dell’interiorità della sua autrice e dei procedimenti dell’arte sua, permeata di riflessione filosofica, che spazia dai temi più semplici a quelli più profondi e spirituali, che non esprimono solo gioia e piacere, ma soprattutto sofferenza, ad evocare una spiritualità tutta umana.
©Antonietta Tiberia
prima che sia notte
ancora vorrei qualcosa
qualcosa di mio
qualcosa che irrompa
nel tempo mostrando
un seme nuovo
un germoglio
e non disamore
*
germinazione
ah se dato mi fosse
d’incontrare i santi
mi aggrapperei
alle loro mani
e stringendole forte
lascerei cadere
sulla terra
quella luce
che sola trapassa
il corpo
e poi in gocce
di calore
ricade
diffondendo amore
terra promessa
iridati pensieri
duraturi orizzonti
il bene
*
quanto errasti maddalena
audace maddalena
sciogliesti i tuoi capelli
a carezzarmi i piedi
mai seta fu più fine
e profumata
mai lacrime più calde
fruscio d’oriente
quasi geisha
soave fu il perdono
che scivolò nel cuore
che ti (nacque) dentro
a ri-trovare il mare di spuma
e sale (sole) di onde a contenere
i giorni a scan-dire il passo
rinnovato del tuo andare
alla sequela ormai
del redentore
ché quelli che si perdono
trovano dio
*
il padre-il figlio
ti chiama il padre
e tu rispondi abbà
non riesco a farcela
troppo pesante
vivere morire
amare sopportare
piangere lottare
dov’è la festa
che sognavo
il mondo
in cui credevo
la vita
che aspettavo
io chi sono
dove sto andando
a chi appartengo
è un sogno-finzione
oppure è vero
il nulla impera
il mondo è vano
sono solo
no tu sei con me
risponde il padre
sempre ti ho avuto
in grembo
all’alba dei giorni
ti ho pensato
di Spirito nutrito
non temere il buio
non prevarrà
*
maria bambina giocava con l’agnello
giocava maria bambina con l’agnello
che ancor non si teneva sulle zampe
ritto stringendolo al suo petto
di baci copriva il muso
e con le dita intrecciava riccioli nel vello
belava l’agnellino confuso
per tanta soavità fatta persona
luce circonfondeva i due festosi
di gioia ricolmi e Santo Spirito
aleggiava intorno profetizzando
che l’agnello uomo sarebbe divenuto
nel grembo della vergine-fanciulla
al tempo stabilito
giocava maria nella sua infanzia
e l’innocenza tingeva d’entusiasmo
le gote e il vivo sguardo s’accendea
di consapevolezza che dio l’aveva scelta
per dimora
Ringrazio vivamente Antonietta Tiberia, Anna Maria Curci e la Redazione di ‘ Lettere Migranti'”!